“Belfagor – Il Fantasma del Louvre” di Jean-Paul Salomé

Questo remake aderisce all’immaginazione più delirante, attraverso uno stile effettato e un dinamismo opposto alla staticità evocativa del predecessore, e si perde in una scopiazzatura del peggior cinema hollywoodiano stile La mummia

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La potenza dell’industria audiovisiva si manifesta maggiormente proprio nella capacità mitica che sa infondere nei personaggi fantastici, forse ancor più che nella letteratura: così capita che il nome “Belfagòr” risvegli immediatamente immagini sepolte nella memoria, anche slegate dalla fonte alla quale tutti hanno attinto, e cioè lo sceneggiato televisivo francese del 1965 (disponibile in videocassette Yamato Video), più che, per l’appunto, il romanzo d’origine. Pochi possono dire di ricordare l’intricata storia di quel mitico sceneggiato, ma tutti rammentano le spettrali apparizioni del “fantasma” nelle scarne sale del Louvre (allora ricreato in studio), la sua imponente figura nerovestita sotto la quale si celavano le (bellissime) fattezze dell’attrice Juliette Greco: proprio su questo fattore di “nebulosa nostalgia” il regista Jean-Paul Salomé gioca la sua carta in questo remake cinematografico. Un’operazione che richiama gli aspetti più marcatamente riconoscibili dello sceneggiato televisivo in un cameo della stessa Greco e in un flashback in bianco e nero retrodatato agli anni sessanta (“quando apparve per la prima volta il fantasma” ci viene detto), falsando totalmente, però, lo spirito originario e perdendosi in una sterile scopiazzatura/parodia del moderno cinema hollywoodiano stile La mummia.
Lo sceneggiato televisivo, infatti, innestava la figura del fantasma nelle pieghe della dicotomia fantastico/reale, facendone una figura enigmatica che, nello scioglimento del meccanismo “giallo” legato alla sua presenza, non dissipava l’enigma sulla sua possibile origine soprannaturale. Genialmente, inoltre, l’allora regista Claude Barma rifletteva la dicotomia attraverso una narrazione verbale e razionalista, che trovava costante negazione nello stile visivo teatrale e nei giochi di luce che esaltavano la natura irreale della storia. Il risultato era indubbiamente stimolante sia per la vicenda in sé (che tirava in ballo vecchi tesori, sette segrete, intrighi con bislacchi personaggi che entravano e uscivano dalla vicenda), che per l’aura misteriosa e la discrezionalità del fantastico posto in essere.
Viceversa questo remake nega costantemente la dicotomia capovolgendone anzi i termini: visivamente il film, seguendo i dettami di certo recente cinema francese spettacolare, aderisce in maniera anche prepotente all’immaginazione più delirante, ossequiata attraverso uno stile effettato, con tanto di spirito possessore in computer grafica e un fantasma che vaga per le stanze del museo con un fastidioso effetto “flou” e un dinamismo totalmente opposto alla staticità evocativa del predecessore. Narrativamente, invece, prende le distanze, razionalmente, dalla vicenda attraverso un tono disilluso e demistificatorio che getta sui vari personaggi un’aura di ironia e macchiettizzazione (ravvisabile soprattutto nella figura dell’ispettore) totalmente anti-mitopoietica. Tutto solo per raccontare una fredda favola di maturazione della protagonista, la quale attraverso l’invasiva presenza dello spettro, viene un po’ sadicamente messa nelle condizioni di comprendere la morte della nonna cui era molto affezionata e accettare il suo trapasso (tutta la storia non a caso ruota intorno alla necessità di far attraversare il varco con l’aldilà a Belfagòr, che staziona nel corpo della donna).
Gli spettatori francesi, comunque, sembrano avere gradito il risultato, forte del permesso di poter girare nel vero Louvre (celebrato attraverso alcune forzose inquadrature “turistiche”) e della presenza della sempre brava e bella Sophie Marceau, volto simbolo di molto cinema francese recente, così come la Greco poteva esserlo di quello degli anni sessanta. Le potenzialità dunque c’erano tutte, ma il risultato finale nega qualsiasi palingenesi e coinvolgimento emotivo, per cui lo schermo diventa ricettacolo anziché di “sani” brividi, unicamente di sofferenza per chi vi si era accostato carico di speranza.
BELFAGOR – IL FANTASMA DEL LOUVRE
Titolo originale: Belphégor – Le phantôm du Louvre
Regia: Jean-Paul Salomé
Soggetto: basato sul romanzo "Belphégor" di Arthur Bernède
Sceneggiatura: Jérome Tonnerre, Jean-Paul Salomé
Fotografia: Jean-François Robin
Montaggio: Sylvie Landra
Musica: Bruno Coulais
Art Director: Michèle Abbé-Vannier
Interpreti: Sophie Marceau, Michel Serrault, Frédéric Diefenthal, Julie Christie, Lionel Abelanski, Jean-François Balmer
Produzione: Alain Sarde per Studio Canal
Distribuzione: 01 distributor
Durata: 97'
Origine: Francia, 2001

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