"Nella morsa del ragno" di Lee Tamahori

Tamahori si è messo completamente a disposizione del plot, non riuscendo a colmare visivamente cambi troppo repentini nella psicologia dei personaggi ma comunque padrone nel gestire i meccanismi del genere e la direzione degli attori.

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Nei sepolcri della detective-story. “Nella morsa del ragno” ricicla con corretta professionalità la struttura del genere penetrando all’interno di una dimensione notturna (tipica anche di quel taglio urbano-crepuscolare della fotografia di Matthew F. Leonetti) giocando spesso sul ritmo creato dal contro-campo, su improvvise accelerazioni creati da un montaggio che elimina il dettaglio per creare velocità. Certamente, rispetto a “Il collezionista” di Gary Fleder (opera rispetto alla quale “Nella morsa del ragno” si pone dichiaratamente come sequel riprendendo il personaggio del detective Alex Cross), il film di Lee Tamahori attenua quell’opprimente visionarietà per seguire una struttura narrativa più tradizionale con i dispositivi di una “lotta a due” (quella tra il detective e il criminale) e della maschera per apparire altro, per mettere in atto capovolgimenti, colpi di scena. Tratto dal romanzo di James Patterson, “Nella morsa del ragno” non accentua il carattere sadico del serial-killer ma si mantiene lungo la linea di una sottile inquietudine, senza raggiungere quel livello di opprimente ambiguità di “Copycat”. Forse la sequenza del rapimento della figlia del senatore dalla sua scuola (concepita come imitazione di quello del figlio di Lindberg, il trasvolatore solitario dell’Atlantico) è quella che esprime in modo migliore quell’ottimo mestiere di Tamahori, in cui l’azione è più veloce e istintiva del pensiero, in cui l’immagine visiva sembra per un momento sfuggire da uno script comunque estremamente dettagliato. Per il resto Tamahori – che ha abbandonato completamente quella forza quasi fisica di riprodurre la dimensione quasi vergine della cultura maori do “Once Were Warriors”, ma è anche reduce dalla presuntuosa e fallimentare escursione nel genere avventuroso di “L’urlo dell’odio” – sembra essersi messo completamente a disposizione del plot, non riuscendo a colmare visivamente alcuni cambi troppo repentini nella psicologia dei personaggi (la “mutazione” del personaggio dell’agente Jezzie Flannigan interpretato da Monica Potter) ma comunque padrone nel gestire i meccanismi del genere e la direzione degli attori (tra cui un grande Morgan Freeman). Ciò che manca però è quella sana sporcizia da vecchio noir o quel sangue puzzolente che infesta gli ambienti come in “Seven”. “Nella morsa del ragno”, nella sua estrema correttezza formale, è alla fine un film troppo pulito.Titolo originale: Along Came A Spider
Regia: Lee Tamahori
Sceneggiatura: Marc Moss dal romanzo di James Patterson
Fotografia: Matthew F. Leonetti
Montaggio: Nicholas De Toth, Neil Travis
Musica: Jerry Goldsmith
Scenografia: Ida Random
Costumi: Sanja Milkovich Hays
Interpreti: Morgan Freeman (Alex Cross), Monica Potter (Jezzie Flannigan), Michael Wincott (Gary Soneji), Dylan Baker (Ollie MacArthur), Mika Boorem (Megan Rose), Anton Yelchin (Dimitri Starodubov), Kimberly Hawthorne (agente Hickley), Jay O. Sanders (Kyle Craig), Billy Burke (Ben Devine), Michael Moriarty (senatore Hank Rose), Penelope Ann Miller (Elizabeth Rose)
Produzione: David Brown, Joe Wizan per David Brown Productions/Paramount Pictures/Phase 1 Productions/Revelations Entertainment
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 104’
Origine: Usa, 2001

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