"Angel Eyes" di Luis Mandoki

Tutto è armonioso, scandito da sequenze che scivolano via con crudele dolcezza, incorniciando una love story fra una poliziotta solitaria ed una specie di vagabondo che sembra sbucato dal nulla

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Luis Mandoki non è un autore, uno di quei cineasti capaci di segnare ogni film con inconfondibili cifre stilistiche. Il suo è un cinema che si nutre di stereotipi e schemi narrativi che derivano direttamente dalla tradizione hollywoodiana, da una sapiente arte sempre in grado di intrecciare elementi favolistici e ordinaria quotidianità, storie straordinarie e personaggi di fragile e delicata umanità. Film che suonano come passionali "ouverture", partiture musicali che riflettono echi e vibrazioni lontane, spazi abitati da corpi che si toccano e si allontanano, separati e uniti da pause e silenzi, dalla distanza creata da una parola non detta, un sorriso appena accennato.
Forse è un'assenza, fisica o verbale poco importa, un vuoto incolmabile a riempire le inquadrature di "Angel Eyes", melodramma che non ha paura di urlare il vuoto che scava la mancanza di un corpo da accarezzare, amare o odiare. Drammatica commedia che si intestardisce nel parlare di amore, questa improbabile materia narrativa, così fuggente, sempre impalpabile ed irriducibile ad una rigorosa "mìse en scéne" cinematografica. Eppure Mandoki prova ad eseguire il suo spartito, una serenata d'altri tempi che trova nel magnifico corpo di Jennifer Lopez il suo "re-frain" e nel viso non più giovane di Sonia Braga un inevitabile contrappunto; una partitura che glissa accuratamente acuti e virtuosismi, acrobazie ed estetismi della macchina da presa. Tutto è armonioso, scandito da sequenze che scivolano via con crudele dolcezza, incorniciando una love story fra una poliziotta solitaria ed una specie di vagabondo che sembra sbucato dal nulla. Battute ritmiche di un cinema corale che rimodella sulla fisicità dei suoi interpreti brani e brandelli di vecchi film di Douglas Sirk, Frank Capra o George Cukor, in un arpeggio di emozioni che non ha paura di sfidare a viso aperto lacrime e sentimenti. Una pellicola semplice e importante che ci conduce dolcemente verso quella "riscoperta dell'ordinario" – così la definirebbe il filosofo e critico cinematografico americano Stanley Cavell – che è l'autentica forza dei (non) autori della nuova Hollywood.
Titolo originale: id.
Regia: Luis Mandoki
Sceneggiatura: Gerald Di Pego
Fotografia: Piotr Sobocinski
Montaggio: Jerry Greenberg
Musica: Marco Beltrami
Scenografia: Dean Tavoularis
Costumi: Marie-Sylvie Deveau
Interpreti: Jennifer Lopez (Sharon Pogue), James Caviezel (Catch Lambert), Terrence Dashon Howard (Robby), Jeremy Sisto (Larry Pogue), Sonia Braga (Josephine Pogue), Victor Argo (Carl Pogue), Monet Mazur (Kathy Pogue), Shirley Knight (Elanora Davis), Daniel Magder (Larry Pogue jr.)
Produttori: Jellybean Benitez, Bruce Berman, Mark Canton, Bernie Goldmann per Angel Eyes Productions/Franchise Pictures/Morgan Creek Productions/The Canton Company
Distribuzione: Warner Bros. Italia
Durata: 102'
Origine: Usa, 2001


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