"Io vi troverò", di Pierre Morel

io vi troveròRaramente si era vista tanta crudeltà nello Besson sceneggiatore, tanto accanimento nello sgretolare i luoghi comuni delle certezze borghesi (famiglia, sicurezza, fiducia…): e Liam Neeson sembra uno Schindler che stavolta non ha alcuna intenzione di starsene a guardare la deportazione, ma si mette in azione, ad uccidere gli aguzzini nazisti uno alla volta, implacabile. Purtroppo però, il Morel regista non ha la stessa agilità ed efficacia del Morel operatore per Louis Leterrier, e il film avanza come accumularsi di monolitiche scene d’azione senza alcuno sbocco.

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io vi troveròEcco un lucido trattato sul fascismo esibito della società globale dei consumi: per una certa (ristretta?) fascia sociale, tutto si compra. Tutto è merce: l’amore di una figlia, la fiducia verso gli altri, il corpo di una donna, le ragioni di una vendetta. Nella scena più potente del film (che emblematicamente non è uno scontro a fuoco né un corpo a corpo o un inseguimento), il personaggio di Liam Neeson, Bryan, micidiale e infallibile ex-agente dei servizi segreti americani, è a cena da un amico, il dirigente della polizia francese Jean Claude, e sua moglie. Jean Claude sa che Bryan è a Parigi per continuare la sua sanguinosa indagine personale volta a ritrovare la figlia, rapita appena giunta in città da un gruppo crudelissimo di albanesi che vogliono farne una prostituta tossicodipendente da vendere a lussuriosi sceicchi a suon di quattrini (la ragazza è vergine, merce rara e preziosa…), ma non lo ha voluto aiutare nella ricerca: poi, Bryan si è autoinvitato a casa del poliziotto. All’improvviso, nel corso della tesissima cena, Liam Neeson spara alla donna di Jean Claude, ferendola, per costringerlo ad ammettere di intascarsi mazzette dagli albanesi per chiudere gli occhi davanti al mercato dei rapimenti: “parla, se non vuoi che i tuoi figli restino orfani!”, urla Bryan. E Jean Claude confessa: “finché il mio stipendio sarà X e le mie spese Y, farò qualunque cosa pur di mantenere la mia famiglia.” Stipendio X, spese Y: sono i soldi, la costante della formula. Di tutte le formule – Io vi troverò non ha, a conti fatti, personaggi positivi (né tantomeno lo è il freddo angelo della morte interpretato da Neeson): la ragazzina rapita è un’adolescente rimbambita che vive nella villona del nuovo ricchissimo compagno della madre, parte per l’Europa a seguire il tour degli U2 mentendo al padre (“andrò per musei”…), e riceve un pony per regalo al pantagruelico party per i suoi 17 anni; il protagonista tenta di ristabilire il rapporto con la figlia regalandole una costosissima ‘macchina per karaoke’ (la ragazza vuole fare la cantante…), oppure procurandole un appuntamento con la star del pop di cui è stato bodyguard; ad ingannare la teenager e l’amica all’aeroporto di Parigi è un membro belloccio della gang albanese che offre loro di “dividere il costo del taxi…qui sono costosi”; “se volete del denaro, sappiate che non ne ho”, rivela Neeson al telefono ai rapitori, e poi si finge poliziotto in cerca di mazzetta per penetrare il covo dei cattivi – in una sequenza gustosissima, si lascia andare ad un monologo delirante mentre uno degli albanesi malvagi è collegato a degli elettrodi infilzati nelle gambe con cui Bryan lo sta torturando: “nei Paesi in cui facevamo

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io vi troverò (2) questo tipo di cose, la corrente era sempre un’incognita, a volte abbassavi la leva e la scossa arrivava dopo mezz’ora…ma qui in Francia il flusso è costante, posso tenerti attaccato sino a quando non taglieranno la luce per mancato pagamento della bolletta!”; l’albergo in cui si consuma l’asta delle ragazze è extra-lusso, la scena della compravendita di donne, tutta sipari rossi, specchi, veli e oscurità farebbe la felicità del Lynch di Strade Perdute (“comprala!”, ordina pistola alla tempia Bryan al mafioso quando l’articolo è la figlia); e lo yacht dello sceicco dove si svolge l’ultimo atto della ferocia di Bryan è una reggia galleggiante. Raramente si era vista tanta crudeltà nello Besson sceneggiatore, tanto accanimento nello sgretolare i luoghi comuni delle certezze borghesi (famiglia, sicurezza, fiducia…), quasi accomunabile al folgorante Hostage di Florent Emilio Siri (film consigliato per ravvedersi ai sostenitori dell’ultimo Haneke…): e Liam Neeson sembra uno Schindler che stavolta non ha alcuna intenzione di starsene a guardare la deportazione (“ecco cosa succede a stare dietro una scrivania!”, dice a Jean Claude disarmandolo nella sequenza a cena di cui prima), ma si mette in azione, ad uccidere gli aguzzini nazisti uno alla volta, implacabile. Purtroppo però, il Pierre Morel regista (alla seconda prova) non ha la stessa agilità ed efficacia del Morel operatore per Louis Leterrier in Danny the Dog o per Jason Statham nel primo Transporter (due altri personaggi bessoniani sempre ad un passo dal trasformare la propria infallibilità di sicari in follia assassina) e in Rogue il Solitario; e il film, lontano anni luce da due paragoni possibili come il superbo Ransom di Ron Howard o uno dei Soderbergh più riusciti e ‘moderni’, L’Inglese, avanza – nonostante il continuo agitarsi dell’operatore – come accumularsi di monolitiche scene d’azione senza alcuno sbocco. Peccato, perchè il fantastico scontro/inseguimento d’inizio pellicola all’aeroporto con il ‘procacciatore di ragazze’, di nuovo un non-luogo ‘di passaggio’ della modernità, lasciava intravedere una nuova riflessione sulla irriconoscibilità dello scenario globale di bourniana evocatività, del tutto ignorata dal regista.

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Titolo originale: Taken

Regia: Pierre Morel

Interpreti: Liam Neeson, Maggie Grace, Katie Cassidy, Leland Orser, Holly Valance
Distribuzione: 20th Century Fox
Durata: 93’
Origine: Francia, 2008

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