VENEZIA 65 – "L'apprenti", di Samuel Collardey (Settimana della Critica)

Né film né documentario, incredibile combinazione di cinema e vita. Attraverso il fango e la neve cresce, impercettibilmente come una marea, il procedere dei protagonisti l'uno verso l'altro e L'apprenti trova lo stretto passaggio per cui si arriva più vicini all'essenza e alla vita
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Mathieu: quindici anni, una faccia tra il timido e lo sfacciato e davanti a sé un anno di apprendistato in una fattoria. Lo sguardo dell'esordiente Collardey ce ne mostra subito i conflitti interni, non ancora intelligibili ma disegnati nell'espressione del ragazzo, seduto nell'autobus che lo porta verso il dovere. Poi sembra fermarsi a metà, quasi a non voler entrare nell'intimo del suo protagonista. Ma è solo un'impressione. Incredibile combinazione di cinema e vita quella proposta da quest'opera della Settimana della Critica, né film né documentario, i personaggi interpretano le loro vite ma la magia e la profondità della rappresentazione vanno ben al di là della riproduzione del reale. Mathieu soffre per la separazione dei suoi genitori, la sua ragazza ora frequenta un altro. Il suo disagio affiora nelle contraddizioni che attraversano la sua sfera emotiva e sociale: si rifiuta di fare altro che l'agricoltore nella vita, ma il lavoro con le mucche lo rende aggressivo; alla fattoria trova una famiglia simpatica, ma la barriera tra sé e il mondo non accenna a scendere. La grandezza di L'apprenti sta proprio, però, in questo seguire alla giusta distanza l'evoluzione del personaggio adolescente: sotterranea, non lineare, non progressiva, ma dispiegata dallo sguardo sensibile del regista. Quando Mathieu incontra Paul, il proprietario della fattoria teatro del suo apprendistato, le sue difese sono alte, insistita la sua tensione ad evitare il dialogo, incomprensibile la schizofrenia del suo voler imparare da una parte, procedere svogliato dall'altra. Ma, attraverso il fango e la neve, le ubriacature con gli amici e le sveglie all'alba, i piccoli rimproveri e la pazienza degli insegnamenti, parallelo al succedersi delle quattro stagioni cresce – impercettibilmente come una marea – il loro procedere l'uno verso l'altro. Il dolore di Mathieu per l'assenza del padre e il dolore di Paul per la scomparsa del primogenito si incontrano in dialoghi ripresi con composta partecipazione. Non c'è sostituzione, forse neanche compensazione momentanea, solo il meraviglioso avvicinamento di due cuori, come nelle bellissime scene che preparano tale incontro facendone già parte – le discese con lo slittino, le battaglie di neve, il tentativo di vincere l'ostinatezza di un asino. E L'apprenti, nella crescita che lo accompagna al punto di ritorno di una sceneggiatura circolare come il tempo scandito dalle stagioni, sembra aver trovato e attraversato lo stretto passaggio per cui si arriva più vicini all'essenza e alla vita.
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