Il laureato, di Mike Nichols

Un cult in cui la colonna sonora di Simon&Garfunkel si fonde con l’umore di un’epoca che, senza saperlo, faceva del ribellismo edonista la sua bandiera.

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Perché un film diventi un cult è difficile da stabilire. Spesso dipende da un’indovinata colonna sonora, o dal fatto che gli attori sono così perfetti per il loro personaggio da essere identificati con esso, da allora in avanti. In generale, un film diventa un cult quando è impregnato dell’umore dell’epoca, e richiama gli anni in cui è stato girato quasi ne portasse addosso il profumo. Il laureato, film del ’67 che è valso a Mike Nichols l’Oscar per la regia, rispetta tutti questi parametri, e la celebre colonna sonora di Simon & Garfunkel non è dissociabile dal personaggio che Anne Bancroft ha reso eterno, né dalla scanzonata inquietudine che emerge da Ben (Dustin Hoffman nel suo primo ruolo importante) ed Elaine (Katharine Ross), i due giovani confusi, specchio di una generazione.
Ben, giovane di ricca famiglia appena laureato, è preoccupato del suo avvenire e, quasi come diretta conseguenza, si lascia sedurre dall’avvenente amica dei genitori, la signora Robinson. «È un’altra cosa che è capitata, come tutte le altre», spiegherà più avanti. Perché non è della matura alcolista nevrotica che Ben si innamora, bensì della figlia, Elaine, che la signora Robinson vuole destinare a qualcuno più meritevole. Così, provocando l’ira amareggiata dei genitori, la ragazza scappa durante le nozze per un futuro di incertezza con Ben.
Il protagonista è un ribelle sui generis: intrattiene una relazione sconveniente ma, innamorandosi di Elaine, sembra quasi auspicare un ritorno alla norma; nell’ottusa cecità generale, però, non suscita la rabbia unanime quando frequenta l’alcolista ultraquarantenne, bensì quando corteggia la coetanea. Gli adulti cui Ben si contrappone sono anonime caricature della borghesia americana: la piscina sempre soleggiata, il tostapane che interrompe le discussioni familiari nel momento opportuno, l’orgoglio di genitori vacui, che del figlio conoscono solo i voti al college.

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Alcune inquadrature ricordano l’atmosfera apparentemente rilassata delle tele di Edward Hopper: quella luce innaturale, che risulta inquietante a un secondo sguardo. Eppure, Ben si inserisce perfettamente in quel quadro. Disobbediente all’occorrenza, non sdegna i comfort che la sua agiatezza economica gli consente: l’Alfa Romeo Duetto rossa e decappottabile, con cui percorre le strade della California per raggiungere Elaine e una vita anticonvenzionale, sembra il simbolo della vita che rifugge. Forse perché Ben è lontano dagli ideali rivoluzionari che seguiranno, e molto vicino a un certo ribellismo edonista che nel ’68 trovava un ampio e inconsapevole consenso.
D’altronde, Ben è il primo a ignorare ciò per cui combatte. L’autobus su cui sale con Elaine, preso a caso nella fuga verso la libertà, non si adatta – come invece l’Alfa Romeo – allo stile di vita cui è abituato. Nell’inquadratura finale, accanto alla giovane vestita di bianco e improvvisamente estranea, il suo sorriso muta presto nell’espressione disorientata di sempre. Sintomo sì di inquietudine giovanile, ma indice soprattutto di una nuova domanda: ne sarà valsa la pena?

Titolo originale: The Graduate
Regia: Mike Nichols
Interpreti: Dustin Hoffman, Anne Bancroft, Katharine Ross, Brian Avery, Murray Hamilton, William Daniels
Durata: 108’
Origine: USA, 1967
Genere: drammatico
La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.2
Sending
Il voto dei lettori
5 (2 voti)
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