BERLINALE 63: Incontro con Emir Baigazin per "Harmony Lessons"

Emir Baigazin

Il regista kazako presente in concorso si è soffermato sui temi della violenza già evidente nella scena iniziale della cattura della pecora,  della tortura delle carceri e anche sul rapporto figli-genitori dove i primi non immaginano nulla di quello che accade a scuola. Un giornalista presente all'incontro gli ha augurato di vincere l'Orso d'Oro.

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Emir BaigazinLe parole fatidiche sono state pronunciate oggi, da un giornalista durante l'incontro stampa di Harmony Lessons, primo lungometraggio del kazako Emir Baigazin, con Timur Aidarbekov, in concorso a Berlino:"Mi auguro per lei l'Orso d'oro!". Ne sono seguiti applausi convinti.
Poi è stato sottolineato: "Per l'audience è molto difficile da sopportare in certe scene il film…".
Il regista risponde:"Volevo affrontare certi discorsi da un punto di vista intellettuale. Non vorrei mai che il pubblico si soffermasse su certi contenuti di violenza esplicita, perché non era mia intenzione fare quel tipo di pellicola".
Il protagonista Timur Aidarbekov, che interpreta Aslan, a proposito delle insidie sulla costruzione del suo personaggio, un ragazzo disturbato con manie ossessivo/compulsive, come quella di lavarsi sempre.
"Sì lo è stato. è un personaggio molto complesso".
Baigazin si riferisce poi a un momento importante della pellicola:"Mi accorgo che siete rimasti impressionati dai frames iniziali, della vita di campagna di Aslan. Ebbene, ho deciso di mostrare la cattura della pecora in tutta la sua crudezza. Nella prima uccisione della pecora mi interessava mostrare che la ragione principale di questo e di altri atti è la sopravvivenza. È questo il motivo che muove le azioni delle persone".
Sul tema della tortura nelle carceri anche sui detenuti minorenni:"I ragazzi vengono esaminati, è una pratica comune. Ma a proposito della violenza usata nelle carceri kazake, non mi interessava tanto fare un'opera di denuncia di queste violenze, quanto piuttosto che sia gli eroi del mio film sia i criminali non capiscono altro linguaggio che non sia quello della violenza e in quegli ambienti non ci si aspetta altro che l'applicazione della violenza".
"Una verità del film, aderente alla realtà del mio paese – aggiunge il cineasta – è che i ragazzi non parlano assolutamente con i genitori, ma lo fanno con i coetanei. Anche quando i coetanei sono una banda di bulli, sopraffattori, mafiosi in erba. Non viene presa in considerazione l'alternativa".
Sul perché genitori, insegnanti e istituzioni non facciano nulla per impedire queste violenze sui teenager: "Penso che vivere e sopravvivere in Kazakistan sia molto difficile, a causa delle bande e di una struttura dedita alla criminalità organizzata che controlla tutto! No, i genitori non immaginano, non sanno nulla di ciò che accade a scuola. È un sistema esistenziale che costringe i giovani a crescere in fretta, in qualche modo".
Baigazin ritorna infine sull'impiego della tortura nelle prigioni sui minorenni:"Io personalmente non sono per nulla d'accordo sulla tortura. Ma nel film non volevo mentire. Perché i criminali vengono davvero trattati in quel modo. E in certe zone nel mondo la gente, i bambini vengono violentati e soffrono continuamente".

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