CANNES 67 – Xenia, di Panos H. Koutras (Un certain regard)

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Il quarto lungometraggio del regista greco rappresenta, come lui stesso ha dichiarato, un addio alla sua giovinezza.Si muove sulle zone di un realismo fantastico, ha dentro una sua bizzarria, si lascia andare a sorprendenti apparizioni (Patty Pravo) ma quella che potrebbe essere l’immagine di un paese sulla fuga individuale dalla crisi che lo attanaglia è sovraccarica e spesso sfocata.

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xeniaLa ricerca del padre, l’omosessualità, il legame tra due fratelli. Sono questi i tre assi principali che attraversano Xenia, quarto lungometraggio del cineasta greco Panos H. Koutras che si era messo in luce con il film culto L’attaque de la moussaka géante nel 1999. E, come ha affermato lo stesso regista, questo film porta dietro di sé anche delle tracce autobiografiche in quanto rappresenta un addio alla sua giovinezza e perciò ha sentito la necessità di parlare della sua adolescenza prima che sia troppo tardi. Atene come luogo alla ricerca dei legami di sangue. Dopo la morte della madre, Dany e Odysseas, due fratelli albanesi di 16 e 18 anni, vanno alla ricerca del padre che non hanno mai conosciuto per ottenere la nazionalità greca. Hanno poi intenzione di partecipare a un concorso canoro, “Greek Star”, per poter sbarcare il lunario.

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Un coniglio come compagno mette in moto il viaggio. Con quell’atmosfera stralunata ma non inquietante di Donnie Darko, Xenia già mette in atto la sua intenzione di muoversi nelle zone di un realismo fantastico dove gli squarci musical interrompono invece quegli scatti fisici, alla ricerca di un contatto o di uno scontro. Forse Koutras ama troppo il personaggio di Dany e non se ne sa distaccare del tutto. Decisamente forzata poi la valenza simbolica dove il titolo del film indica il concetto di ospitalità come legge rispettata dalle divinità greche che dice di accogliere gli stranieri di qualunque parte del mondo. Patty Pravo diventa improvvisa apparizione, l’esibizione di La bambola quasi un prologo al reality musicale. Ma la sua bizzarria (il coniglio che diventa peluche) si collega raramente con quell’improvvisa pazzia che è solo provvisorio stacco della ricerca dei due protagonisti. A tratti funziona solo l’intrusione nella casa di lusso. Lì i tempi si dilatano improvvisamente tenendo dentro quei colori pop. Forse l’immagine di un paese sulla fuga individuale dalla crisi che lo attanaglia. Ma è sovraccarica e spesso sfocata.

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