Necropolis – La città dei morti, di John Erick Dowdle

Necropolis - La città dei morti
Necropolis ha una natura schizofrenica e indecisa, che sembra aggrapparsi ad ogni tentativo di giustificazione per l’ennesimo mockumentary con mdp tremante, ma risulta evidente come tutto il film sia costruito su un’enorme serie di tentativi per coprire maldestramente il vuoto di idee alla base

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Necropolis - La città dei mortiI fratelli Dowdle, che si spartiscono regia e produzione, non sono estranei al genere mockumentary/found footage, qui alla loro terza incursione nel genere dopo il dimenticabile Quarantine e l’ormai cult Poughkeepsie Tapes che, lungi dall’essere un capolavoro, regala comunque alcune scene difficili da grattar via dalla testa. Ma oltre le suddette scene “indovinate” da Dowdle, il resto della sua filmografia risulta più che dimenticabile, e questa suo ultimo lavoro non fa eccezioni.

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As Above So Below (titolo originale che, per quanto didascalico e telefonato all’interno del film rimane comunque meglio dell’inutile Necropolis) ha una natura schizofrenica e indecisa, che sembra aggrapparsi ad ogni tentativo di giustificazione per l’ennesimo mockumentary con mdp tremante. Dowdle ondeggia infatti tra enormi ed elementari spiegoni di alchimia for dummies e citazioni urlate dell’Inferno di Dante, salvo poi per fortuna dimenticarsene a tratti e lasciare che le catacombe di Parigi fungano da elemento orrorifico naturalmente predisposto. I momenti di claustrofobia, oscurità e senso di smarrimento funzionano cento volte meglio dello stanco campionario di gente urlante che si butta addosso alla macchina da presa. Purtroppo per noi, Dowdle imbocca pure questa strada, trasformando il film in un baraccone da luna park dove gli spaventi sanno più di plastica che di carne. Buona parte degli avvenimenti accade nell’oscurità del fuori campo, ma la scelta, più che ragionata, sembra dettata dal risparmio e dalla soluzione facile. Quando poi, negli ultimi attimi del film, si decide di risolvere il tutto abbozzando una caratterizzazione psicologica dei personaggi che fino a prima era, se non assente, quanto mai trascurata, risulta evidente come tutto il film sia costruito su un’enorme serie di tentativi di coprire maldestramente il vuoto di idee alla base. Ogni via intrapresa risulta abbozzata di fretta (la facilità con cui i protagonisti snocciolano infodump da Wikipedia e risolvono lesti ogni enigma) e la virata moralista sul finale contribuisce a rovinare il poco di buono intravisto in precedenza.

 

Spogliato di ogni tentativo di trama, caratterizzazione e occultismo di seconda mano, il film sarebbe potuto essere ben più efficace (e l’azzeccata scelta della location viene infatti sprecata) ma appare ormai chiaro che Dowdle, una volta approdato a Hollywood, abbia perso ogni elemento di interesse dimostrato nel suo esordio.

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