Çapulcu: voci da Gezi, di Claudio Casazza, Benedetta Argentieri, Carlo Prevosti, Duccio Servi, Stefano Zoja

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Il documentario a più mani ha la forza e l’integrità di saper raccontare quanto è successo a Piazza Taksim e Gezi Park. In fondo, restare in piedi immobili a leggere un libro o a fissare un punto fisso all’orizzonte per ore ed ore, è un po’ come stare al cinema o immergersi profondamente in un concerto jazz, rivoluzionario viaggio solitario che inneggia e alimenta la collettività
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çapulcuCinque registi raccontano l’occupazione pacifica di Gezi Park. Il lavoro è già stato presentato al Festival Sguardi Altrove di Milano e ha conquistato l’Amnesty International Award al Thessaloniki Documentary Festival e il premio del pubblico al Docucity di Milano, oltre a partecipare al Festival del cinema di Nador in Marocco. Quanto è successo a Istanbul attraverso le voci di chi e? sceso in piazza, di chi si e? ribellato, di chi si e? sentito in mezzo a una potenziale rivoluzione, di chi ha costruito le barricate, di chi e? stato colpito dai lacrimogeni, di chi e? stato picchiato dalla polizia, di chi ha avuto paura a manifestare, di chi ha documentato la protesta e le violenze subite, di chi ha protestato attraverso i social media, di chi non e? sceso in piazza, di chi non si e? accorto o non ha voluto accorgersi. Le voci dei protagonisti si alterneranno e si sovrapporranno alle immagini filmate. Il risultato è un caleidoscopio di storie personali e collettive. Le voci: studenti, avvocati, architetti, giornalisti, attivisti; giovani e meno giovani; ricchi e poveri; incazzosi e gioiosi; coraggiosi e spaventati.

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Le immagini: l’occupazione pacifica di Gezi Park nel 2012, la gioia nell’opporsi a una  scelta assurda; la violenza della repressione, lo sbigottimento nell’essere “violentati”; l’invenzione della protesta silenziosa, la moltitudine di piazza Taksim. Le ragioni: l’opposizione ambientalista alla costruzione di un centro commerciale all’interno del Gezi Park, uno dei pochi ritrovi “verdi” rimasti al centro della città. E poi, alla rivolta ecologista, sono emersi ed esplosi altri temi: la gentrificazione di Istanbul, un’islamizzazione che vieta il consumo di alcolici la sera, la limitazione alle liberta? individuali, l’oppressione curda che dura da almeno trenta anni, un potere sempre piu? sordo, la censura che ha provato a nascondere la protesta. La pluralita? dei manifestanti, diversissimi tra loro, uniti in un’inaspettata alleanza contro gli abusi del potere. Rivoluzione è una parola che in turco può significare “stare sui propri piedi”, mentre “çapulcu” significa saccheggiatori, come li ha etichettati il primo ministro Erdogan, facendo passare alla nazione il messaggio che tutto quello che è successo in realtà è stato organizzato dalle forze di opposizione, pronte a destabilizzare il suo governo. L’unico canale d’informazione per “restare in piedi” in quei giorni è stato twitter, baluardo di libertà e speranza per tanti manifestanti, decisi a non mollare la protesta, che ormai aveva invaso anche altre città, soprattutto quella ad ovest del Paese. Gezi Park rappresenta quindi solo un simbolo della rivolta, nonostante il ritorno all’ordine imposto dalle violenze della polizia.

Piazza Taksim e Gezi Park hanno rappresentato solo l’avvio di una protesta più ampia ed articolata, che presto potrebbe sfociare in nuove e pressanti rivendicazioni. Infatti dopo quei giorni, i forum si sono diffusi ampiamente. Circa 30 sono quelli attivi nella sola Istanbul, e molti altri in tutta la Turchia. Il movimento di Gezi Park si è trasformato in un laboratorio di rinnovamento politico e sociale, tutt’oggi ancora attivo. Il documentario a più mani (assemblato anche con materiale video caricato on-line), nato da un soggetto di Claudio Casazza (bellissimo in suo precedente più complesso tecnicamente e narrativamente lavoro Habitat: Piavoli) e Benedetta Argentieri, ha la forza e l’integrità di saper raccontare quanto è successo in Turchia, riuscendo a far parlare la rivolta, mettendosi al servizio completamente dei fatti e realizzando la propria piccola protesta attraverso le immagini e non il contrario, ovvero limitandosi semplicemente a documentarla. Restare in piedi immobili a leggere un libro o a fissare un punto fisso all’orizzonte per ore ed ore (come il performer Erdem Gunduz, hashtag “Duran Adam”, che significa “uomo fermo”), in fondo è un po’ come stare al cinema o immergersi profondamente in un concerto jazz, rivoluzionario viaggio solitario che inneggia alla collettività.


Regia: Claudio Casazza, Benedetta Argentieri, Carlo Prevosti, Duccio Servi, Stefano Zoja
Origine: Italia/Turchia, 2014
Durata: 60′
Distribuzione: Insolitocinema

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