Cristiada, di Dean Wright

Sono sempre le stesse grida che risuonano in battaglia, che sono stato scagliate prima dell’agguato mortale al rivoluzionario del nord e che si sentono al cinema – Viva Villa!, Viva Zapata!. Ma nessuno di questi inni sarà urlato nel Messico, e nel cinema, di Cristiada, sepolte sotto un’apologia di cattolicesimo fatta di buonismo e resurrezioni

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C’era una volta la rivoluzione – forse uno dei più bei titoli mai realizzati al cinema. Mai, davvero, realizzato, perché alla fine Sergio Leone spezzò la “trilogia del tempo” preferendogli un urlato e beffardo Giù la testa. Però era tutto lì, nella favolistica ode ad una cosa che di certo non è un pranzo di gala ma, per lui e per noi, cinema, nel ricordo di una terra che sta sempre al confine, il Messico, e delle sue rivoluzioni: il duello finale senza mai vedere il porto tra Gary Cooper e Burt Lancaster in Vera Cruz; il viaggio, la scoperta, la liberazione in I professionisti; “andiamo” / “perché no?”, un attimo prima che William Holden e i suoi decidano di uccidere il mi general Mapache in Il mucchio selvaggio. Il Messico e le sue rivoluzioni sono anche fatti di cinema, con Emiliano Zapata, con Pancho Villa che in cambio dei soldi necessari a finanziare il suo esercito del nord concesse ad alcune compagnie cinematografiche americane di andare al suo seguito per, semplicemente, filmarlo. E sono sempre le stesse grida che risuonano in battaglia, che sono stato scagliate prima dell’agguato mortale al rivoluzionario del nord e che si sentono nel buio della sala – Viva Villa!, Viva Zapata!. Ma nessuno di questi inni rivoluzionari sarà urlato nel Messico, e nel cinema, di Cristiada.

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Eppure di storia c’è n’è – e anche del cinema, con uno degli ultimi ruoli del settimo pilastro della saggezza Peter O’Toole. Una storia che anche se poco conosciuta, sta esattamente al centro delle vicende politiche e sociali del Messico dell’epoca: la rivolta dei Cristeros, una fetta della popolazione cattolica insorta contro le leggi restrittive della libertà religiosa attuate dal presidente Plutarco Elías Calles. Conflitto durato dal 1926 al 1929 che ha provocato decine di migliaia di morti, la Guerra Cristera ha rappresentato un punto di svolta per le vicende nazionali messicane, e che, paradossalmente, ha portato ad una definitiva stabilizzazione della nazione nordamericana dopo i continui, e falliti, moti rivoluzionari. L’incertezza politica, l’ingerenza degli Stati Uniti, la Legge Calles, tutte questioni poste dal film come cause e agenti delle persecuzioni contro i cattolici, sono il risultato delle dinamiche storiche che a partire dagli ultimi anni del dominio trentennale di Porfirio Díaz arrivano agli incessanti trionfi e rovesci della rivoluzione messicana di Francisco Madero, Victoriano Huerta, Venustiano Carranza, Álvaro Obregón e infine Calles – a cui succedette nelle elezioni successive di nuovo Obregón, poi subito ucciso da un cattolico in un agguato. La laicità dello stato, la ridistribuzione della terra, la nazionalizzazione delle risorse, la cacciata delle compagnie straniere, punti centrali dei planes di Zapata e Villa, erano gli orizzonti a cui tendeva la rivoluzione, e rappresentavano il complesso quadro politico, sociale e culturale con il quale si rapportavano i peones, i borghesi, i latifondisti messicani. Tutto questo però è stato rimosso nella memoria collettiva di Cristiada, presentando una vicenda che pare nascere e morire unicamente nella follia massonica e giacobina del presidente Calles, priva quale è di ogni ingranaggio storico e che quindi potrebbe fluttuare liberamente ed essere ambientata in qualunque paese (Egitto? Nigeria?) e fomentata da qualunque altro folle.

Rasi al suolo i confini razionali della vicenda – voltando le spalle alla mostrazione della religiosità messicana legata ad esempio alla figura del Cristo Re o alla pietas delle classi più povere impegnate nella guerra –, Cristiada si abbandona al vuoto pneumatico del dramma storico che si agita solo per portare a casa la lacrime e lo sdegno dello spettatore: esecuzioni e massacri senza una logica, Andy Garcia con il sigaro in bocca e addosso bei vestiti che oramai in ogni film interpreta il Terry Benedict della trilogia di Ocean’s, una giustapposizione di sequenze che vogliono essere tutte delle scene madri, Oscar Isaac e Catalina Sandino Moreno e il piccolo Mauricio Kuri che recitano soltanto con gli occhi sgranati, lo sguardo torvo e la bocca aperta. Il regista, poi, quel Dean Wright che è stato a lungo nella Digital Domain di James Cameron e ha lavorato come visual effects supervisor e producer in titoli come Il signore degli anelli – Il ritorno del re e Le cronache di Narnia – Il leone, la strega e l’armadio, non va oltre la composizione di un pittorico e arioso kolossal storico, puntuale quanto anonimo, lungo quanto dimenticabile.

Alla fine è solo questo: Lorenzo. After being hanged, miraculously came back to life, and then was called Lazarus. Sita sui titoli di coda, è la scritta che ci informa del destino di uno dei personaggi minori, destino storicamente diverso – il ragazzo, creduto morto, è stato tratto in salvo da un cristeros per poi tornare a combattere dopo qualche giorno – piegato e plagiato da una visione cieca e dogmatica delle cose terrene e celesti, dove non c’è nessuno sforzo di penetrare la sfera religiosa più profonda e sì inattacabile di una popolazione a cui era stato tolto tutto dai generali e dai latifondisti, né di capire come era possibile a quei tempi conciliare cristianesimo e rivoluzione. Alla fine è solo questo, la volontà del produttore Pablo José Barroso, impreditore immobiliare prestato al cinema dal 2006 e che ha realizzato titoli quali Guadalupe e The Greatest Miracle, di stendere sotto un’apologia di cattolicesimo fatta di buonismo e resurrezioni le storie disperate e dimenticate della rivoluzione.

 

Titolo originale: For Greater Glory: The True Story of Cristiada

Regia di: Dean Wright

Interpreti: Andy Garcia, Mauricio Kuri, Santiago Cabrera, Oscar Isaac, Catalina Sandino Moreno, Peter O'Toole, Bruce Greenwood, Eva Longoria

Origine: Messico

Distribuzione: Dominus Production

Durata: '145

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