Spandau Ballet. Il film – Soul Boys of the Western World, di George Hencken (Gala)

Ci sono l'Inghilterra delle proteste della disoccupazione e degli scioperi contro il governo Thatcher, il contesto musicale, lo sguardo sui quartieri di Londra. Tutto in un materiale d'archivio nel quale però scorre magicamente il flusso di tutta una vita, il rapporto col tempo, le immagini di ieri rivissute, più che commentate, dalla voce off di oggi dei protagonisti. In sala il 21 e 22 ottobre

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Un decennio di fuoco. Ma nel documentario di George Hencken, produttrice di videoclip e documentari c'è anche un prima e un dopo. E non solo è presente nella storia della celebre band che fece l'ultimo concerto nel marzo del 1990 prima di riunirsi nel 2009. Dentro Soul Boys of the Western World ci sono l'Inghilterra delle proteste della disoccupazione e degli scioperi contro il governo Thatcher, il contesto musicale in cui sono nati (con modelli iniziali che variavano da Frank Sinatra a David Bowie, Ella Fitzgerald e T-Rex, il movimento punk, i Sex Pistols), lo sguardo sui quartieri di Londra come quello di Soho decisivo per la scena musicale di quegli anni.Tutto nella ricchezza di un materiale d'archivio che la regista ha selezionato in circa 300 ore di filmati.

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Fin qui un normale e rigoroso documentario della band. Niente di ricostruito e soprattutto, niente filmati che oggi si sarebbero potuti girare col telefonino.Poi però dentro c'è tutta una vita. L'amicizia e la rottura (anche con lo strascico in tribunale alla fine degli anni '90), la nascita dei grandi successi come la registrazione di True, la partecipazione al Live Aid, la gestazione di Through the Barricades. E poi il rapporto con i fans di tutto il mondo. Osannati con 25 milioni di dischi venduti in tutto il mondo e 23 brani nella hit ma che alla fine davano sempre il senso di isolamento del gruppo rispetto al mondo.

Tony Hadley, Steve Norman, John Keeble e i fratelli Martin e Gary Kemp sono come cinque moschettieri che ritornano dal passato così come negli anni '80 sembravano venire dal futuro. La loro immagine sullo sfondo dei grattacieli di Manhattan va oltre l'icona. Sembrano quasi degli alieni, dove oltrepassa quello che provano ("Essere su un palco è come essere un drogato, non vedi l'ora di salirci"), portano insieme quella rivoluzione fatta non solo dalla musica ma anche da quell'insieme di moda (anche dal punto di vista del look hanno rappresentato una rottura), arti grafiche e videoclip che qui sembrano coesistere tutte insieme in un'unica inquadratura prima di portarla sul punto di scoppiare.

Vengono così messa in luce quell'idillio quasi favolistico che poi improvvisamente si rompe e la rivalità con i Duran Duran, la componente melodica dei loro brani. Ma soprattutto Soul Boys of the Western World centra in pieno il legame della band col nuovo immaginario, la tv. Quella che i gruppi rock dei due decenni precedenti non erano riusciti ancora a fare. La voce, rispetto a prima, ora è indissolubilmente legata al volto, al corpo. Allo spettacolo sul palco, all'intrattenimento durante le interviste televisive. E in più c'è il potente lavoro sul tempo fatto da questo documentario. Quei frammenti mostrati nel film e tutti quelli del successo planetario degli anni '80 sono andati troppo veloci. Ora c'è bisogno, anche da parte della stessa band, di fermare quel tempo non tanto per riviverlo ma per pensarlo e finalmente goderselo. Lo stesso tempo che forse ha portato alla reunion del 2009. Dove il materiale d'archivio viene accompagnato dalla voce off di ogni componente della band oggi.Dove quel passato è impossabile da staccare.

 

Titolo originale: Soul Boys of the Western World

Regia: George Hencken

Interpreti: Tony Hadley, John Keeble, Gary Kemp, Martin Kemp, Steve Norman

Origine: Gran Bretagna 2014

Distribuzione: Nexo Digital e Feltrinelli Real Cinema

Durata: 102'

 

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