Una folle passione, di Susanne Bier


Lo sguardo scava nel dettaglio estetizzante, nei corpi avvinghiati, preferisce la strada comoda e piatta del facile gioco di specchi tra i protagonisti e la natura selvaggia che comprime le paure dei protagonisti. L’impressione è quella di un lavoro in cui la forza e l’esperienza della regista Susanne Bier, a suo agio nel portare sullo grande schermo questo tipo di forti e pulsanti conflitti, alle fine non arrivi mai

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L'eclissi di una passione travolgente tra le montagne imbiancate della Carolina del Nord degli anni '30. Come una copertina di un ammiccante romanzetto 'Harmony' (con tutto il rispetto) l'ultima fatica hollywoodiana della regista danese Susanne Bier respira l'aria del western-melo. Siamo lontani però dalle atmosfere calde di Douglas Sirk o dell'inarrivabile pathos di Nick Ray.   Lo sguardo della Bier scava nel dettaglio estetizzante, nei corpi avvinghiati, preferisce la strada comoda e piatta del facile gioco di specchi tra i protagonisti e la natura selvaggia che comprime le paure dei personaggi. Riduce la materia terrena di cui è intriso il racconto (il denaro, il potere, il sesso, la natura) invece di amplificare, tagliando il respiro ad una storia che avrebbe meritato ben altri spazi emotivi. Un passo indietro per la regista con alle spalle un Oscar per il miglior film straniero nel 2011 con In un mondo migliore, un passato nella poetica del Dogma che aveva sorpreso con Open Hearts per fare il salto in Usa con Noi due sconosciuti e lastricando la carriera con altre opere assai premiate come Non desiderare la donna d’altri e Dopo il matrimonio.

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Le schegge del dramma dell'umana fragilità di fronte alle svolte repentine del destino costellano e frantumano Una folle passione (titolo originale ‘Serena’, l’omonimo romanzo di Ron Rash) quella tra George (Bradley Cooper) e Serena (Jennifer Lawrence) Pemberton, emergenti capitalisti del legno che vogliono piegare la natura e gli uomini al loro sogno di grandezza e felicità. Non importa il prezzo da pagare: infrangendo ogni regola morale e legge in preda ad una follia autolesionista. Greed avrebbe urlato quel genio di Erich von Stroheim lanciando la sua anarchica macchina-cinema contro la natura. Ma  in Serena, titolo sicuramente più adatto rispetto a quello scelto, è tutto più calcolato, soprattutto nella prima parte decisamente evanescente. L'incontro tra i due amanti, subito sposi e tycoon del legno è una corsa rapida per preparare lo spettatore agli eventi drammatici che accadranno nella seconda parte, dove la coppia Cooper-Lawrence, ormai ben collaudata dopo Il lato positivo e American Hustle, implode destabilizzando ogni tipo di inquadratura.

 

Il racconto però zoppica trascinandosi dietro anche i personaggi/coro di questo western (mancato) dalle forti tinte shakespeariane. La Bier insiste nei dettagli, eccede nella macchina a mano per destabilizzare, ma non trova mai una via d’uscita che sorprenda. L’impressione è quella di un lavoro in cui la forza e l’esperienza della regista, a suo agio nel portare sullo grande schermo questo tipo di forti e pulsanti conflitti, alle fine non arrivi mai. Dove anche l’affresco storico risulta manieristico: con l’abbozzata lotta tra un capitalismo senza anima e le prime rivendicazioni ambientaliste. Qui il produttore è lo stesso di molte pellicole di James Gray, il grande Nick Wechsler: peccato che non abbia pensato a Gray prima di scegliere la Bier. 

Titolo originale: Serena

Regia: Susanne Bier

Interpreti: Bradley Cooper, Jennifer Lawrence, David Dencik, Rhys Ifans, Ana Ularn

Durata: 110'
Origine: Usa, 2014

Distribuzione: Eagle Pictures

 

 

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