FILM IN TV – I giorni del cielo, di Terrence Malick
Il secondo film di Terrence Malick è un’opera di proporzioni smisurate, per una storia d’amore raccontata attraverso i toni di un’elegia visionaria che sfiora il sublime: il Sogno si trasforma in immagini, costruendo personaggi memorabili in virtù del discrimine tra le loro aspettative e la crudeltà del Reale e immergendoli in paesaggi naturalistici che sembrano appartenere direttamente alla dimensione del Mito. Martedì 5 novembre, ore 21.15, Rai Movie.
Agli inizi del Novecento si consuma la tragedia del giovane Bill e della sua fidanzata Abby, migranti nel Texas in cerca di lavoro e di un nuovo futuro; dopo essere stati assunti come braccianti in una fattoria, Abby diviene l’oggetto del desiderio del latifondista Chuck, malato terminale che li crede fratello e sorella. Bill spinge la ragazza ad accettare la proposta di matrimonio dell’uomo, ma il destino ha in serbo altri piani.
Chi oggi appartiene alla generazione dei trentenni ha un rapporto personale e insostituibile con film come I giorni del cielo; questo perchè probabilmente ha cominciato a interessarsi al cinema in una sorta di età di mezzo, un periodo in cui si era troppo giovani per aver potuto vedere determinati titoli in sala, mentre i tempi dei dvd e di internet erano ancora lontani. Per tutti loro, quindi, i primi due film di Terrence Malick hanno appunto rappresentato una sorta di oggetto proibito del desiderio, una conquista difficile da ottenere data anche la scarsità dei passaggi televisivi e la scarsa reperibilità in home video, prima che l’uscita di La sottile linea rossa, nel 1998, contribuisse a migliorarne la visibilità.
Negli anni Novanta La rabbia giovane e I giorni del cielo erano infatti due pellicole già appartenenti al Mito, complice indubbiamente la scomparsa dalle scene del loro autore: due film tra i più importanti di quel decennio irripetibile che aveva sconvolto il mondo con i registi della New Hollywood; due pietre miliari delle quali leggerne o sentirne parlare in termini assolutistici e invidiabili , da parte di chi aveva avuto la fortuna o l’opportunità di vederli in sala. I giorni del cielo segue di cinque anni il formidabile esordio di Malick, proseguendone stili e tematiche prima di un ragionato silenzio durato venti anni; come in La rabbia giovane, anche qui il regista americano dà voce a protagonisti ribelli e giovanissimi, cristallizzati in un momento della loro esistenza (e della storia americana) nella quale la tragedia fa comunque puntualmente capolino, spezzandone sogni e aspettative.
Un film di proporzioni smisurate, per una storia d’amore raccontata attraverso i toni di un’elegia visionaria che sfiora il sublime: Malick trasforma il Sogno in immagini, ed è capace di costruire personaggi memorabili in virtù del discrimine tra le loro aspettative e la crudeltà del Reale, immergendoli in paesaggi naturalistici che sembrano appartenere direttamente alla dimensione del Mito. Nessuno è in grado di filmare la natura con la stessa profondità e sensibilità, nonostante nel corso degli anni questo abbia portato molti a sospettare un eccesso di formalismo e di manierismo: ma anche senza considerare il percorso successivo intrapreso dall’autore, quello che va da The New World fino a To the Wonder, è impossibile non pensare a I giorni del cielo come a un’opera sconfinata e immensa, forse lievemente inferiore rispetto a La rabbia giovane, ma comunque la testimonianza di un cinema più grande della vita che poteva trovare i propri natali solamente negli anni Settanta, prima di quel lungo silenzio che ne avrebbe accresciuto la fama a dismisura.
Titolo originale: Days of Heaven
Regia: Terrence Malick
Interpreti: Richard Gere, Brooke Adams, Sam Shepard, Linda Manz
Origine: USA, 1978
Durata: 95′