Il mio amico Nanuk, di Brando Quilici e Roger Spottiswoode

il mio amico nanuk

La sfida sta nel riconoscere le piccole strategie messe in campo da Spottiswoode per dare vita al tutto. Quel modo di giocare ironicamente sul contrappunto tra lo shooting e l’immagine di repertorio, quell’aggrapparsi ai buchi neri dello script per dilatare il più possibile la durata delle scene d’azione, la loro tensione, il senso di pericolo imminente, quel provare a essere sempre a 30 secondi dalla fine

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il mio amico nanukFa un certo effetto vedere Roger Spottiswoode, uno di quelli “tosti”, alle prese con un cucciolo polare da salvare e da riportare dalla mamma. Materia buona per una grande avventura in mezzo ai ghiacci, viene da pensare, un action infuocato a meno trenta gradi, una lotta contro il tempo da congelare il fiato. E poi gli Inuit di Flaherty, Nanook appunto, i bagliori del magnifico e perduto Ombre bianche di Nicholas Ray… Nulla di tutto questo. Certo, la mano del vecchio montatore cresciuto alla scuola di Peckinpah (Cane di paglia, Pat Garrett e Billy the Kid) si vede ancora qua e là, in alcune sequenze “da brivido”, come la tempesta tra i ghiacci. Ma per il resto Il mio amico Nanuk rimane un film tranquillamente “domestico”, una specie di puntata di Quark per ragazzi, da godersi la domenica mattina a letto, tra le coperte.

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Il nome di Brando Quilici, del resto, è una garanzia. Di una serietà “scientifica” e documentaristica, che, ovviamente, vede il cinema, l’immagine come un “mezzo”, uno strumento di fotografia, catalogazione e divulgazione dell’esistente. È chiaro che l’intento pedagogico è il motivo d’interesse e, al tempo stesso, il limite del film, che toglie puntualmente fiato alla tensione e alle traiettorie, labili, della narrazione. C’è sempre qualche spiegazione, una puntualizzazione, una nota “scientifica” che interrompe il ritmo e intralcia la strada. E così una bella corsa tra i ghiacci diviene la scusa per fare il punto sulla misteriosa e affascinante fauna polare, grazie all’esperto Muktuk. Mentre la madre di Luke, preoccupata per la scomparsa del figlio, non esita a darci informazioni sulla vita delle balene che sta monitorando. La storia “umana” si disperde in un mondo infinitamente più grande.

Allora, la sfida sta nel riconoscere le piccole strategie messe in campo da Spottiswoode per dare vita al tutto. Quel modo di giocare ironicamente sul contrappunto tra lo shooting e l’immagine di repertorio, quell’aggrapparsi ai buchi neri dello script per dilatare il più possibile la durata delle scene d’azione, la loro tensione, il senso di pericolo imminente, quel provare a essere sempre a 30 secondi dalla fine. Senza star troppo a pensare ai rapporti tra i personaggi, alle loro dinamiche emotive, al senso profondo di un percorso di crescita e conoscenza. È la sfida nel cercare di trasformare in un film, in un discorso personale un lavoro su commissione. Se l’impresa sia riuscita, lo deciderà ognuno di noi, per proprio conto. Tranquillamente avvolto nelle coperte, una domenica mattina.

Titolo originale: Midnight Sun
Regia:
 Roger Spottiswoode, Brando Quilici
Interpreti: Dakota Goyo, Goran Visnjic, Bridget Moynahan, Peter MacNeill, Linda Kash, Kendra Timmins, Michelle Thrush, Imajyn Cardinal, Nanuk
Origine: USA, 2014
Distribuzione: Medusa
Durata: 90'

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