Il leone di vetro di Salvatore Chiosi

Il leone di vetro di Salvatore Chiosi
Il tentativo di ri-scrivere la storia risorgimentale del Veneto è nel complesso pregevole e necessario ma eccede. Una nuova voce storica si leva narrando anche che i veneti sono stati indotti a votare il si all'annessione ma la voglia di arrivare a concepire verità più attendibili e condivisibili scema sotto il peso di una scrittura mastodontica e per l'ideguatezza al mezzo cinematografico

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Il leone di vetro di Salvatore ChiosiPiemonte 1866-67

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Vigilia del plebiscito e conseguenze dell'annessione al Regno d'Italia

 

Revisionismo storico. Sembra un mantra (My italian secret – The Forgotten heroes, di Oren Jacobi) di questi tempi (cinematografici). Finchè si riguarda agli anni della seconda guerra mondiale, con le sue direttissime conseguenze, la questione non solleva molte perplessità. Il vessillo risorgimentale (che pure avremmo dovuto già digerire per una ragione puramente temporale) leva invece un polverone, blindato com'è al concetto di forma di stato. Trascorsi più di 150 anni non è palese quale sia l'abito (alla base di ogni democrazia) che più calza al nostro stivale e ci divide (in fazioni) ancora una volta il confederale, domani il federale, ieri il regionale.

 

Se l'idea del revisionismo storico pronto a gridare che i veneti siano stati indotti a votare il si (annessione) può essere attaccabile – da chi ancora si diverte a giocare con le ideologie – l'ostacolo è stato arginato perfettamente (!) inviando in avanscoperta un regista del sud. Intuizione che fa la differenza quando lo stesso sottolinea, attraverso l'uso di punti d'osservazione terzi e neutrali (si veda Cattaneo), sovvertendo tutte le logiche alla base del campanilismo spinto, l'esistenza di una matrice storica e profonda del federalismo secessionista. Se il 'revisionismo cinematografico' ad oggi segna punti a favore dell'ala 'sudista' del Risorgimento (Noi credevamo di Mario Martone) cui si affianca la mancata e compatta descrizione degli eventi plebiscitari piemontesi (intercorsi tra il 1866 e il 1867) è chiaro che Il leone di vetro è ancor più necessario,

Il tentativo, nel complesso pregevole, di ri-scrivere la storia scolastica dettata da amanuensi vincitori, rischia di eccedere ed è proprio esagerando che slitta il racconto sopra le righe. Quelle troppo lunghe di una scrittura che non riesce a semplificare, tanto farraginosa e mastodontica da risultare, per almeno 2/3, indigeribile, fattore accentuato dalla maggiore familiarità ad un contenitore televisivo piuttosto che cinematografico. I tempi morti sul modello serial (solo per costituzione non per contenuto) prendono vita solo quando accompagnati dai temi musicali firmati da Pericle Odierna e sono atti a narrare e colmare il vacante

 

Blando sarebbe il tentativo di criticare strumentalizzando il tema cardine del revisionismo risorgimentale (del Nord, qui scatenato), soprattutto se comprovato da una mole di documenti che ne attestano la veridicità e attizzano l'dea di attualità delle tematiche proposte. Se esiste seriamente il rischio di strumentalizzazione questa è già trapelata dai luoghi più insospettati! Quando il residuo di nobile essenza, legata al Palazzo, fa la sua comparsa (fisica) sotto forma di contributo (economico) non violenta forse la natura libera della creatura cinema?

 

 

Titolo originale: Il leone di vetro 

Regia: Salvatore Chiosi

Interpreti: Claudio De Davide, Christian Iansante, Maximiliano Hernando Bruno, Sara Ricci, Andrea Pergolesi, Carla Stella, Alvaro Gradella, Eleonaora Panizzo, Vasco Mirandola, Stefano Scandaletti

Durata: 112'

Origine: Italia 2014

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