Cloro, di Lamberto Sanfelice

cloro
Avendo come chiari referenti le atmosfere di una nobile autorialità europea à la fratelli Dardenne e pedinando silenziosamente la protagonista sino a sfiorare lievi astrazioni visive à la Céline Sciamma, Cloro è un buon esordio che con ammirevole fiducia nel cinema tenta di affidare ancora alle immagini e al “paesaggio” (fisico e interiore) ogni giudizio etico sul nostro tempo

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Bisogna lavare con l’ammorbidente gli asciugamani, altrimenti l’odore del cloro non va via”, dice un'inserviente alla nostra protagonista Jenny mentre impara, suo malgrado, un nuovo mestiere. Il cloro disinfetta, sterilizza, ma ha anche un odore non facile da dimenticare. Ecco, l’esordio alla regia del giovane Lamberto Sanfelice ruota intorno a concetti molto semplici eppure decisivi per il nostro tempo. Jennifer è un’atleta, la incontriamo subito in acqua, a Ostia, mentre svolge i suoi allenamenti di nuoto sincronizzato, ma basta uno stacco di montaggio per abbandonare l’affascinante rarefazione della piscina e ritrovarsi nella maestosità di un paesaggio montuoso. Una baita prestata dallo zio diventa la nuova “casa” dove accudire il fratellino e un padre evidentemente depresso. Un esilio forzato che non uccide il sogno dei campionati italiani di nuoto: Jenny continua ad allenarsi clandestinamente nella piscina dell’albergo dove lavora, crea le sue coreografie solitarie in una disciplina sportiva che paradossalmente prevede il sincronismo con un altro corpo. Insomma è un atleta ormai a metà, che tenta disperatamente di mantenere i sincronismi con un mondo a valle, lontano, in riva al mare.

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La parola chiave diventa “responsabilità”: il fratellino confuso, il padre depresso sull’orlo del suicidio, di chi è la responsabilità di tutto questo? E che responsabilità ha una ragazza di soli diciassette anni: quella verso i suoi sacrosanti sogni o quella verso le macerie della sua famiglia in crisi? Cloro tenta un delicato equilibrio tra il lato emotivo dei suoi personaggi e il contesto socioeconomico italiano visto come un acquario quasi inviolabile. Ogni decisione di Jenny è (stata) mossa dalla crisi economica, dalla perdita del lavoro del padre, dal dramma degli sfratti, insomma tutti temi urgenti che il film fa sentire come echi fuori campo. Non sono gli eventi che interessano a Sanfelice, ma solo gli effetti che questi eventi hanno avuto sui suoi fragili personaggi. Non è il sogno di Jessica che si mette in scena (i campionati italiani), ma le flebili tracce di quel sogno che resistono come un fiore sotto la neve del suo esilio.

E allora: avendo come evidenti referenti le atmosfere di una nobile autorialità europea à la fratelli Dardenne, pedinando silenziosamente la ragazza sino a sfiorare lievi astrazioni visive à la Céline Sciamma, questo è un buon esordio che con notevole fiducia nel cinema tenta di affidare ancora alle immagini e al “paesaggio” (fisico e interiore) ogni giudizio etico sul nostro tempo. Certo è anche un esordio a tratti appesantito da qualche ridondante vezzo registico che inficia la levità dell’operazione, ma questo è solo l’odore superficiale del Cloro. Superato quello, lavando bene i tessuti, rimane un'esperienza di ammirevole onestà.


Regia: Lamberto Sanfelice

Interpreti: Sara Serraiocco, Giorgio Colangeli, Piera Degli Esposti, Ivan Franek

Distribuzione: Good Films

Origine: Italia, 2015

Durata: 94'

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