La famiglia Beliér, di Éric Lartigau

Cos’è “normale” e soprattutto cos’è normale per un’adolescente? Per Paula (Louane Emera) nulla lo è davvero. Non lo è innamorarsi. Non lo è scegliere. Serrando nelle spalle le proprie paure, vive tutto il disagio del proprio diventare donna nascosta nei maglioni ampi che indossa. Figlia maggiore dei Beliér, l’unica a non essere sorda, ne è anche la voce “esterna”. E se i Beliér si affacciano al mondo attraverso Paula, esplodono in tutta la loro comunicatività estrema, fatta di gestualità sonore e quasi logorroiche tra le mura della loro fattoria. Tutto funziona alla perfezione, finché Paula non scopre che quella sua voce colpevole è molto più che una voce: è il transfert del primo amore e il dono beffardo e raro che le apre la strada a Parigi. E’ un dramma. Nella scelta se andare o restare si consuma il conflitto di Paula, figlia responsabile e protettiva che vive la propria proiezione nel futuro come gesto di egoistico abbandono e quello della famiglia, che catalizza il timore doloroso del distacco nell’handicap… della figlia.

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La famiglia Beliér, ultima commedia di Éric Lartigau, ci racconta l’adolescenza e la relatività del diverso in chiave ironica e sensibile al contempo. E allora ci fanno sorridere l’invadenza civettuola di Gigi (Karin Viard), mamma Bélier, “abbinata”, truccata e pettinata persino mentre attende alle faccende agricole, l’approccio burbero di Rudolphe (François Damiens) che ad un “beliér” somiglia davvero, gli ormoni vivaci ed impacciati di Quentin (Luca Gelberg), fratello minore di Paula. Ma Lartigau ci fa anche commuovere. Ci commuove quando toglie musica e voce a Paula che intona Je vais t’aimer, di Michel Sardou, durante il saggio di fine anno, per farcela ascoltare insieme a Rudolphe attraverso lo sguardo attonito e provato del pubblico. Ci commuove quando Rudolphe appoggia le mani di padre sulla gola della figlia per ascoltarla cantare di nuovo. Ci commuove quando Paula durante la prova a Radio France rassicura la propria famiglia: “Mes chers parents je pars … je ne m’enfuis ma je vole”, canta, ancora sulle “note gestuali” di Michel Sardou.

 

E’ in definitiva una commedia che racconta l’amore La famiglia Beliér. L’amore come sintesi di ciò che solo appare diverso. L’amore come risposta al conflitto. L’amore come antidoto semplice alla paura.

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    La Famiglia Bélier, di Eric Lartigau

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    La Famiglia Bélier è l’esempio di un cinema francese popolare che pur non brillando di alcuna trovata rivoluzionaria e tradendo premesse concettuali assolutamente commerciali, si conferma cinematografia capace di entrare subito in sintonia con il proprio pubblico, regalandogli storie edificanti dove ogni tassello è messo al posto giusto, al momento giusto.

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    La-Famiglia-BelierRumore, Silenzio e Musica. Sono questi i tre pilastri su cui poggia La Famiglia Bélier, commedia francese del regista Eric Lartigau dallo straordinario successo (milioni di biglietti strappati in patria). La pellicola, come molte altre recenti, è l’esempio di un cinema francese popolare che si è abituato ad abbinare una sincera freschezza e una giusta dose di coraggio nei plot narrativi a confezioni realizzate con mestiere. Anche il film di Lartigau, pur non brillando di chissà quale trovata rivoluzionaria e tradendo premesse concettuali assolutamente commerciali, si conferma, infatti, opera capace di entrare subito in sintonia con il proprio pubblico, regalandogli una storia edificante dove ogni tassello (la risata, la lacrima, il sospiro) è messo al posto giusto, al momento giusto.  A differenza della cinematografia nostrana (che vive, in questi anni, nei confronti di quella francese un chiaro complesso d’inferiorità) il Cinema francese de La famiglia Bélier è una fucina di buone intenzioni realizzate in modi (furbescamente?) perfetti, una filmografia in cui il Conflitto è presente ma cosi intelligentemente edulcorato da renderlo il punto di forza della propria Commedia. 

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    Tutti i componenti della famiglia Belier sono sordomuti tranne Paula, la primogenita di 16 anni. Costretta a fare l’interprete tra i suoi famigliari e l’intero universo, la ragazza convive tra i bisogni frenetici dell’adolescente e le responsabilità di essere fondamentale per i propri cari. La scoperta (per caso?) di essere dotata di abilità canore straordinarie e il desiderio di potere, per la prima volta, coltivare un sogno personale, intimo (il canto per scappare a Parigi) metterà in crisi le sue certezze e quelle della sua complicata, irresistibile famiglia.

    Eric Lartigau, nella sua commedia mainstream (la scelta come protagonista di Louane Emera, vincitrice del talent The Voice, è espressiva), parla di famiglia, handicap e adolescenza, riuscendo ad amalgamare i tre ingombranti temi in un racconto spensierato, imperfetto e scaltramente riuscito. La simpatia di due attori come Francois Damiens e Karin Viard, costretti per tutto il film a portare il proprio talento comico solo attraverso i gesti, gli sguardi e le smorfie, l’efficace genuinità della giovane Emera e la capacità di trasformare la musica e i versi del “monumento” Michel Sardou in parte integrante della storia (come nei migliori musical) sono solo altri ingredienti di una pellicola efficace. L’esempio di un Cinema con la testa sgombra che, nelle commedie e nelle tragedie, è sempre consapevole dei propri mezzi e delle strade da intraprendere.

    Titolo originale: La famille Bélier
    Regia: Eric Lartigau
    Interpreti: Karin Viard, François Damiens, Eric Elmosnino, Louane Emera, Roxane Duran
    Origine: Francia, 2014
    Durata: 100'
    Distribuzione: Bim
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