Basta poco (per essere felici) incontro con i registi, Dino Zoff, Daniela e Marco Messeri

Questa mattina presso l’Agis di Roma è stato presentato il primo film da regista di Andrea Muzzi – attore affiliato alla comicità toscana – e di Riccardo Paoletti. In sala dal 30 aprile

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Questa mattina presso l’Agis di Roma è stato presentato il primo film da regista di Andrea Muzzi – attore affiliato alla comicità toscana – e di Riccardo Paoletti (che fino a questo progetto ha diretto pubblicità). Realizzato low budget e girato in quattro settimane a Chiusi, in Toscana, cui si sono aggiunti due giorni a Roma, presenta un cast semi sconosciuto al grande pubblico esclusi Paolo Hendel, Ninni Bruschetta, Daniela Poggi, Marco Messeri e la partecipazione straordinaria di Dino Zoff nei panni di se stesso. Dal 30 aprile in sala

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Come nasce l’idea del supermarket della felicità e perchè hai deciso di ribaltare il concetto del felici e contenti?
Andrea Muzzi: c’è stato un periodo in cui un certo politico nostrano andava dicendo fosse necessario sostenere che non eravamo in crisi altrimenti i mercati ci avrebbero punito. Nello stesso tempo con Riccardo abbiamo scoperto che a Roma nasceva un’agenzia che risolveva i problemi della quotidianità. Ogni elemento andava in un’unica direzione quella di fare un film sulla menzogna, sulle illusioni, con quel felici e contenti ribaltato sul finale.

Come ti sei trovato a lavorare con Andrea?
Riccardo Paoletti: tra noi si è creato un equilibrio cosmico, eravamo nella condizione prescritta dal tao. Abbiamo congiuntamente deciso di non esagerare, di adottare grande semplicità e un linguaggio lineare al fine di raggiungere il cuore

 

Perchè tra tutti i portieri italiani avete scelto di far recitare Dino Zoff?
Andrea Muzzi: il personaggio era scritto per lui e solo per lui. Il produttore ad un certo punto ci ha domandato se effettivamente avevamo provveduto a contattarlo o s’era un’idea completamente campata in aria. Non lo avevamo fatto ma quando è avvenuto ha dimostrato di possedere proprio ciò che cercavamo: l’aspetto umano che fa comprendere come basti veramente poco…

 

Cosa ti ha spinto ad accettare di partecipare al film?
Dino Zoff: non credo di aver effettivamente partecipato. Ho un pò di pudore al riguardo, soprattuttto nel rivedermi, la stessa cosa che mi è sempre accaduta con le partite. Ma ho accettato perchè i registi mi son sembrati delle persone perbene

 

Si può sostenere che ciascuno di voi abbia fornito i suo contributo senza voglia di protagonismo?
Daniela Poggi: è una commedia agrodolce corale, in cui ciascuno ha potuto esprimersi. Quando ho letto la sceneggiatura ciò che mi ha colpita è stato il panorama umano che ci permette di scandagliare una società dentro cui ognuno ha necessità di essere gratificato da un altro per esistere. Mentre credo che l’essere umano – e il film è su questa linea – sia una pietra preziosa per se stesso, gli altri non possono essere uno specchio con cui paragonarsi, è con noi stessi che dobbiamo fare i conti.
Marco Masseri: sono d’accordo con Daniela. Personalmente interpreto un padre che ha vissuto la guerra e si è fatto le ossa con la ferrovia, mentre il figlio rappresenta un pò quelle generazioni che non l’hanno vissuta, anche della piccola media borghesia, che possono permettersi di fare altro e possiedono una concezione di vita completamente differente

 

Come mai avete evitato di essere incisivi sul lato cattiveria?
Andrea Muzzi: secondo me c’è la cattiveria, ma c’è anche grazie nell’esprimerla. E’ una cifra stilistica che mi appartiene da sempre (visto che i miei miti sono Massimo Troisi e Charlie Chaplin) e che abbiamo deciso di adottare.

 

Quanto la Toscana aiuta a fare arte?
Andrea Muzzi: sinceramente non lo so. In Toscana siamo un pò tutti corsari, degli autonomi di pensiero e azione, non c’è una scuola ben precisa, non so e non credo per esempio ci sia una comunanza tra me e Leonardo Pieraccioni.
Riccardo Paoletti: credo piuttosto che ci sia un fil rouge nella sentita spontaneità che viene fuori da molti di noi e che ci deriva dall’essere nati e cresciuti in una rudezza formativa

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