Il nemico – un breviario partigiano, di Federico Spinetti

Il nemico nasce da una vicenda familiare di Massimo Zamboni, già componente dei CCCP. Ci invita a maturare una speranza, riaffermando la voglia di restare ostinatamente da questa parte

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I paesaggi invernali e brumosi della pianura emiliana, già sfondo del migliore cinema di Bernardo Bertolucci, sono lo scenario delle storie di questo film che sembra avere lo scopo di riannodare rapporti con la memoria familiare con cui fare i conti, ma anche di farsi cronaca di una ricostruzione di un sodalizio artistico che sembrava perduto.

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Massimo Zamboni, già chitarrista dei CCCP, divenuti CSI e ora ricomposti con il nome di Post CSI, sia pure con l’assenza di Giovanni Lindo Ferretti, ma con la voce altrettanto aggressiva di Angela Baraldi, ripercorre una sua vicenda familiare che racconta in un libro già dato alle stampe. La vicenda vede protagonista il nonno Ulisse, squadrista fascista che resta vittima di un attentato partigiano mentre percorre con la sua bicicletta le silenziose interpoderali della campagna reggiana. Il nemico è la cronaca intima di questi pensieri, fatti di racconti familiari per un nonno mai conosciuto, di questa ricostruzione che si accompagna alla altrettanto difficile perché emotivamente coinvolgente ricostruzione del gruppo musicale di cui Zamboni faceva parte.

Il titolo sembra la perfetta antitesi del suo contenuto. La dove quel titolo, così secco e perentorio suggerisce una condizione di odio, di ostilità e di rottura di relazioni, il film ci invita, invece, a guardare in un’altra direzione. Il nemico, con la regia attenta di Federico Spinetti, è la riaffermazione della necessità di una ricomposizione degli affetti, delle vicende familiari, delle amicizie, per approdare ad una pacificazione con la propria stessa esistenza, quasi una liturgia come sembra suggerire il titolo. Questa

Il nemico-un breviario partigiano, di Federico Spinetti pacificazione è necessaria, come un rito, quando il tuo nemico parlava la tua stessa lingua, il tuo stesso dialetto e aveva le tue stesse tradizioni. Nelle riflessioni di Zamboni, lo smarrimento per una guerra civile sanguinosa e dolorosa che ancora oggi, in quelle pianure le cui distese sono forse popolate dai corpi delle vittime, sembra restituire l’eco di tutto quel male generato dall’odio.

La scrittura e la lettura divengono per Zamboni indispensabile terapia, completata dalla musica nell’elegante quanto abbandonato scenario del teatro sociale Gualtieri.

Il nemico, a dispetto del suo titolo, è quindi un film sulla speranza dell’oggi, nonostante tutto, sulla memoria di un passato radicato nell’Emilia rossa delle bandiere, ma anche di un sangue che ancora è vivido e sembra colorare quelle colline, sulla memoria che dialoga con il presente, su una militanza che si esprime in una musica ossessiva ed aggressiva che manda lettere al passato partigiano riaffermando con forza la voglia di restare ostinatamente da questa parte. Sembra che non si smetta da quelle parti di restare partigiani, pur dentro la confusione del presente. I Post CSI di Zamboni e degli altri musicisti lo riaffermano nelle note rabbiose delle loro canzoni e il loro passato sembra confondersi con il presente. Resta la voglia di esserci, di partecipare emozionalmente a questa riconciliazione ostinata e necessaria, ma sempre orgogliosamente di parte.

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