Sognando il “fotogramma desiderato”: cinque anni senza Corso Salani

Ci manca quell’uomo/cineasta meravigliosamente impegnato a fare un cinema dove quello che contava era “realizzare quei fotogrammi che desideri”. A Torino, stasera si ricorda Corso con una rassegna.

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Delle volte, di fronte alla visione di film che – letteralmente – ti spappolano il cuore e lo stomaco, che ti attraversano il corpo e ti segnano, definitivamente…non so, sto pensando dall’altra sera alla incredibile spremitura emozionale di un film come Mountains May Depart, ad esempio… ecco di fronte a questi squarci di visioni/vita che solo pochissimi cineasti oggi riescono a darci, mi domando che cosa avrebbe potuto regalarci, in questi anni, il cinema di Corso Salani.

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Ci penso mentre un regista che stimo e apprezzo molto, come Francesco Munzi, è improvvisamente diventato il cineasta del momento, dopo che il suo bellissimo Anime nere, che pure pochi avevano segnalato alla scorsa Mostra di Venezia come uno dei migliori film in Concorso, si è ritrovato vincitore di un numero imprevedibile di premi David di Donatello (tra cui quello meritatissimo per la presa diretta a Stefano Campus, amico compagno di avventure di cinema libero di Corso).

Chissà, forse anche Corso, un giorno, avrebbe avuto il suo riconoscimento dal mondo del cinema, quel riconoscimento che certo non andava cercando, testardamente, dolcemente, meravigliosamente impegnato a fare un cinema dove quello che contava era “realizzare quei fotogrammi che desideri”.

Già, era solo l’aprile del 2010, e Corso ci regalava il suo sorriso e la sua “grazia” di cineasta unico, forse inimitabile, in una bella serata da Sentieri selvaggi, complice il libro di Giuseppe Gariazzo, Conversazioni, che conteneva ben due interviste con Corso. Nessuno avrebbe immaginato che questo “ragazzo” di neanche cinquant’anni, alto, libero e vitale come pochi, ci avrebbe lasciato solo due mesi dopo. Perché Corso stava cercando sempre nuove storie, nuove esperienze da fare, nuove collaborazioni, nuovi “amori” (cinematografici).

Ecco, a volte mi immagino che ancora abbiamo la possibilità di godere delle immagini che raccoglieva, costruiva, abbracciava il cinema di Corso. E che queste immagini fatte di storie contorte, dove lo spettatore fatica a capire la distanza tra finzione e realtà, fino a smettere di porsi il problema per abbandonarsi alla visione come quando ci si abbandona nell’amore, sì immagino che queste immagini che fino ad oggi sono state di pochi privilegiati, improvvisamente, per un sussulto imprevedibile dell’animo umano, diventino immagini “per tutti”. E che Corso riceva per i suoi nuovi film, meravigliosamente vivo a raccontarci i suoi dolori/amori impossibili, dove non sappiamo più se ci innamoriamo di un corpo, di un paesaggio, o dell’idea stessa dell’innamoramento, sì riceva apprezzamenti planetari, del tipo: il mondo ha finalmente scoperto il cinema unico di

corso_cover_new Corso Salani.

Ma è solo un sogno, un “fotogramma desiderato”… Corso non c’è più e i suoi film sono nelle mani della Cineteca di Losanna, che speriamo presto ce li restituirà in condizioni degne di essere proiettati, ovunque.

Oggi, a Torino, si ricorderà Corso con una rassegna che durerà tre giorni, e si inaugura stasera con “Diario di un film. In ricordo di Corso Salani”, la presentazione del libro Mirna. Diario di un film (2014) e proiezione del film Mirna (2009) alla presenza di Margherita Salani.

Chi è a Torino e dintorni non perda queste serate, per gli altri, non è detto che non si possa cominciare a conoscere Corso a partire dalla sua scrittura sussultoria, quasi senza respiro, che esplode in questo magnifico “diario di un film”, durante la lavorazione del suo ultimo, piccolo/grande capolavoro, Mirna.

E forse un giorno altre generazioni di spettatori, lo celebreranno meglio di noi….

Corso Salani, da Sentieri selvaggi, aprile 2010

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