Tracers, di Daniel Benmayor

Traccianti, pallottole, messaggeri nella giungla metropolitana, tutto questo sono i protagonisti dell’action/thriller girato nella Big Apple dell’universo “parkour”

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Traccianti, pallottole, messaggeri nella giungla metropolitana, tutto questo sono i protagonisti dell’action/thriller girato nella Big Apple. Il pensiero ovviamente va al film del 2003 Yamakasi – I nuovi samurai di Ariel Zeitoun (prodotto da Luc Besson), girato a Parigi e certamente opera di riferimento dell’universo Parkour, l’arte del movimento, che da fine anni ’80 sempre più ha preso piede tra i giovani acrobati dell’esistenza difficile e ai margini della società. Taylor Lautner (Jacob di Twilight) è Cam, postino in bicicletta che sfida le leggi gravitazionali nel caos cittadino. In un incidente stradale s’imbatte per caso (?) con Nikki (Marie Avgeropoulos), acrobata del “parkour” ed esponente di spicco di un gruppo di “tracers” invischiato in traffici poco chiari e sicuri. Cam, dopo quel fortuito incontro, cerca in tutti i modi di ritrovare Nikki e quando ci riesce si affilia al gruppo di acrobati anche per provare a racimolare qualche migliaio di dollari per appianare un debito, maturato verso una pericolosa gang cinese. Opera che rientra nel filone del cinema sentimentale permeato da immaginari estremi e paradossalmente avveniristici, come la riscoperta delle proprie gambe per sopravvivere.

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Spazio stupefacente, modernissimo e selvaggio, New York non prende corpo. Quella stessa città che sembra seguire solo i funzionamenti, gli spostamenti e le condensazioni dell’inconscio. Il regista (nel 2009 autore di Paintball- Gioca per sopravvivere, altra opera su giovani sbandati alla ricerca di avventure estreme, partendo da uno scenario ludico che presto si trasformerà in un’incomprensibile carneficina) segue la consueta espressività modernista, del tripudio di monumentalità e di parossismi, proiezione verso l’alto e gigantesco arsenale di rifiuti, New York, ancora una volta, sarebbe espressione di una condizione casuale, precaria. Sarebbe un’ondata di linee, mescolanza di dimensioni diverse, agitazione mai doma, materia informe. In realtà, però, il risultato non è propriamente raggiunto. L’urbe si presta come scenario simmetrico: è un insieme di forme stabili, disposte sempre in modi regolare, tali da indurre raramente lo sguardo alla mobilità, sia che esso osservi il profilo delle sue “vette”, sia che scorra sull’andamento delle loro “pareti”, sia che guardi alle linee delle loro basi. Sviano le pallottole, sgusciano sui tetti, scoprono vie di fuga. Azione fisica, azione rituale, svago anarcoide. Come catapultati in un videogame, il genere “action” assume però sembianze discrete e in fondo costituisce un glossario di linee, tratti e coincidenze innocuamente euclidee.

 

Titolo originale: id.
Regia: Daniel Benmayor
Interpreti: Taylor Lautner, Marie Avgeropoulos, Rafi Gavron, Sam Medina, Adam Rayner
Distribuzione: Adler Entertainment
Origine: USA, 2014

Durata: 87′

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