The Reach: Caccia all’uomo, di Jean-Baptiste Léonetti

Da una parte Micheal Douglas, ovvero la folle degenerazione del sogno americano nel segno dell’avidità, dall’altra Jeremy Irvine e l’immagine di un’America che non è disposta a vendere la sua anima

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“Fool me one, shame on you. Fool me twice, I kill you!” In realtà, a scatenare il sadismo omicida di John Madec basta già il primo passo falso di Ben e una stretta di mano tradita per non lasciare impunita la morte accidentale del vecchio Charlie diventa l’avvio di un’impietosa caccia all’uomo in pieno deserto.
Per questa ennesima variazione sul tema di The most dangerous game, che aveva visto come pioniere Schoedsack, Jean-Baptiste Léonetti non perde tempo in preamboli e, prima di entrare nel vivo dell’azione, si concede solo una stringata apertura con quella relazione amorosa lasciata in sospeso da tenere bene a mente, perché per ben due volte sarà decisiva nel decidere le sorti di Ben, e un’inequivocabile presentazione dei due protagonisti, in modo da mettere subito in chiaro le cose. Da una parte la potenza del denaro dell’uomo d’affari di Micheal Douglas, ovvero la folle degenerazione del sogno americano nel segno della più spietata e immorale avidità, dall’altra la giovane guida di Jeremy Irvine, con stampata sul volto l’immagine di un’America che, dopo qualche titubanza, decide di non essere disposta a mettere in vendita la sua anima. E qualora la metafora di Davide e Golia non fosse abbastanza chiara, Léonetti decide di fugare ogni dubbio, mettendo in mano a Ben, come unica arma a fronte di un fucile micidiale e di un SUV superaccessoriato, proprio una semplice fionda. A fare il resto è la classica architettura del gioco del gatto e del topo, con la trappola mortale del deserto come impietoso scenario di caccia.
the reachIn questo suo adattamento di Deathwatch, romanzo di Robb White datato 1972, che già aveva dato vita ad un film per la TV, Léonetti non ha alcuna intenzione di cimentarsi in grandi riflessioni, accontentandosi, piuttosto, di una visione manichea, quasi del tutto priva di sfumature. The Reach, insomma, non ha nulla della stratificazione di quell’impagabile capolavoro che è Un tranquillo weekend di paura, pur chiamato in causa dalla presenza di Ronnie Cox, qui nel ruolo dello sceriffo. Se l’eccessiva semplificazione narrativa e, con essa, dei personaggi, non giova particolarmente ad una struttura già di per sé non particolarmente originale, ma in qualche modo trova una giustificazione nella scelta di mantenere un ritmo sostenuto dell’azione, questo sì dosato con mestiere, quel che invece risulta difficile perdonare a Léonetti è l’essersi fatto sfuggire l’occasione di confrontarsi veramente con il volto mostruoso e selvaggio della natura. Il deserto, la distesa mortale che fornisce il titolo al film, pur magnificamente ritratto da Russell Carpenter, rimane un superficie inerte, senza vera vita, che si limita semplicemente ad ospitare la trappola orchestrata da Madoc.
Non resta, allora, che consolarsi con il villain di Michael Douglas, l’unico vero padrone della scena, capace persino di flirtare con Jeremy Irvine solo imitando la voce di Wall-E, che si diverte un mondo a portare il suo Gordon Gekko ad una battuta di caccia.

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Titolo originale: Beyond the Reach
Regia: Jean-Baptiste Léonetti
Interpreti: Michael Douglas, Jeremy Irvine, Hannah Mangan Lawrence, Ronny Cox
Distribuzione: Notorius Pictures
Durata: 91’
Origine: USA, 2014

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