#Locarno68 – Piccole variazioni di (in)felicità: doppio, strepitoso, Hong Sang-soo

Folgorazione del concorso, Hong nella sua continuità continua ogni volta a sorprenderci e sedurci. Stavolta con un film anche apparentemente complesso e un finale che lascia senza fiato

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Quasi una partitura immutabile. Come se il suo cinema non dovesse cambiare mai e fosse un prolungamento di quello precedente: l’allontanamento provvisorio da Seoul, lunghe passeggiate per le strade dei due protagonisti e soprattutto mangiate e bevute interminabili. Eppure stavolta si potrebbe cadere in errore. Perché Right Now, Wrong Then è diviso in due parti (la prima si intitola Right Then, Wrong Now) che potrebbero essere viste anche come parallelamente. Con situazioni che si ripetono e altre dove ci sono impercettibili o decisive variazioni.

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Un regista, Ham Cun-su, arriva per sbaglio a Sewon con un giorno di anticipo. Per cercare di trascorrere il tempo prima dell’incontro con il pubblico per un suo film, decide di andare a visitare un antico palazzo restaurato dove conosce una ragazza pittrice ,Yoon Hee-jung. I due iniziano a parlare poi vanno insieme a mangiare sushi e a bere soju. Sembra essersi creata un’intesa perfetta. Poi però qualcosa si rompe.

right now, wrong thenSembra essere un film apparentemente più scritto. Ma poi la struttura che sembra più precisa, viene travolta ancora dalla vita dei due protagonisti. Hong riesce ancora una volta nel miracolo di farla emergere come dal nulla. E la continuità col suo cinema precedente, dove i personaggi sembrano vivere più storie, quindi più esistenze (e stavolta, oltre a Rohmer, viene in mente soprattutto Alain Resnais negli infiniti intrecci del caso e del destino), è nel cinema dove non si vedono le immagini ma si sente il suono del suo film precedente, Hill of Freedom.

Uguale e diverso, Hong Sang-soo apre il sipario con la solita musichetta che apre come il proscenio, detta il ritmo con gli avvicinamenti dello zoom, crea momenti divertentissimi soprattutto con la scena in cui il regista se la prende con il moderatore del dibattito e soprattutto quando l’uomo si denuda davanti alle amiche della ragazza. In un realismo sentimentale vivo e simulato, entrano in gioco poi i colori dei dipinti della ragazza, la statua di Buddha vicino l’abitazione della protagonista. Ma stavolta la malinconia del tempo che passa è maggiormente evidente. E Linklater, da questo punto di vista, dovrebbe guardarsi tutti i suoi film prima delle sue albe, i suoi tramonti e le sue mezzanotti. Che a tratti sono anche belli, ma Hong gioca ancora straordinariamente di sottrazione, marcando volutamente gli aspetti più comici, ma lasciando in persistente superficie tutto un senso di nostalgico rimpianto.

right now, wrong thenC’è uno scarto tra la vita che si vorrebbe e quella che si ha. Non che la seconda sia brutta, ma il desiderio della prima la offusca e forse lascia un’insoddisfazione anche immotivata e immeritata. E il cinema di Hong, in questo senso, non si è mai così dichiarato come la parte finale dentro il cinema. Senza raccontarvelo, vengono in mente tutti gli addii più belli. Vincente Minnelli, Sydney Pollack e la fine di Miami Vice di Michael Mann. Non c’entrano niente, è solo follia associativa. Bene, in questa nostra vita Hong si aggiunge al gruppo.

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