Figlio di nessuno, di Vuk Ršumovic

Anche nel cuore dell’Europa ci si può ritrovare figli di nessuno, abbandonati, selvaggi, costretti perennemente a sopravvivere e ri-cominciare. Buon esordio del regista serbo Vuk Ršumovic che ci catapulta senza preavviso nella vita di un ragazzo selvaggio, come fossimo in un romanzo d’avventura ottocentesco. Un bambino viene trovato in un bosco, ha vissuto sempre lì, chissà come, magari allevato da animali, cresciuto proprio come il ragazzo selvaggio di Truffaut…Haris (questo il nome che gli viene dato dalle autorità) sarà destinato in un Istituto per minori di Belgrado, nell’autunno del 1988, alla vigilia di tragicissimi avvenimenti storici che noi dirimpettai italiani abbiamo ben conosciuto. Ma il film si rinchiude sin da subito nella stanza del ragazzino, lo insegue con un sonoro che accentua all’estremo l’effetto di reale, ne sottolinea il disagio, l’esibita e commovente animalità e la sua lentissima educazione alla civilizzazione. Come? Attraverso il contatto con un proprio simile, un altro ragazzo disadattato che lo coccola e lo instrada al linguaggio e al vivere comune, salvo poi abbandonarlo brutalmente perché “le cose vanno così”. Haris è di nuovo figlio di nessuno: un destino speculare, del resto, alla sua bellissima e martoriata terra natia.
Questo è un film che lascia intelligentemente ogni riflessione manifesta nell’immane fuori campo della Storia, avvertita come eco lontano che rimbomba nella crudele scansione del tempo. Sino al fatidico 1992, l’implosione jugoslava, la guerra civile, la barbarie che Haris vive sulla sua pelle proprio quando diventa ufficialmente “civile”. Il mondo della civiltà non è meno selvaggio di un animale feroce, e viene dipinto dalla mdp di Ršumovic come luogo di solitudine immensa e di morte per i suoi figli più deboli. E poi la guerra, non più in tv, ma tra le strade: una barbarie decine di volte più crudele del bosco, dove Haris può (di nuovo) rotolare sulla neve, libero e solo. Figlio di nessuno. Certo nulla di nuovo sotto il sole, si potrebbe obiettare, né dal punto di vista cinematografico né fiolosofico. Certo. Ma la lancinante sincerità nel raccontare questa piccola storia di formazione immersa nell’orrore rifacendosi molto umilmente a modelli altissimi (Truffaut, Chaplin, ecc), salva questo film dal fastidioso e programmatico voyerismo riscontrato per esempio nell’ultimo Hazanavicius e ce lo fa percepire come preziosa visione. Come piccola scheggia di vita che sa riaccendere il cinema oltre la guerra.

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Titolo originale: Nicije dete
Regia: Vuk Ršumović
Interpreti: Denis Muric, Milos Timotijevic, Pavle Cemerikic, Isidora Jankovic
Origine: Serbia, 2014
Distribuzione: Cineclub Internazionale
Durata: 97′

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