#Venezia72 – Early Winter, di Michael Rowe

Un cinema silenzioso, il cui tratto essenziale è questa lunga, articolata e mai conclusa indagine sulla solitudine dell’esistenza. Presentat alle Giornate degli Autori

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Prima o poi ci si soffermerà ragionare su questo generale andamento del cinema che dalla Cina al Brasile e dal Canada a chissà dove lavora sulla eliminazione di qualsiasi intreccio drammatico, per raccontare gli stati d’animo e filmare molto più semplicemente la vita. Jia del cinese Shunin Liu ne è un esempio estremo, ma a questa impostazione non sfugge neppure Early winter dell’australiano, che vive in Messico e gira in Canada, Michael Rowe.
David lavora in una casa di riposo, fa di tutto e conforta gli anziani quando il loro tempo finisce, si è risposato con Maya dopo il divorzio e ancora frequenta gli alcolisti anonimi per superare i sensi di colpa dell’alcolismo che provocò l’incidente in cui perse la vita la figlia. Non ha passione per la tecnologia, però riadatta vecchi apparecchi radio e altre apparecchiature. Maya è una donna completamente affascinata dalla tecnologia, i phone e computer. Ha avuto una storia con Alexander e David ancora oggi ne è geloso.
Solo descrizioni di caratteri, una complessità articolata come lo può essere l’animo umano costituisce il brodo di coltura di questa storia essenzialmente familiare che si sviluppa con la lentezza che serve a dare spessore ai personaggi, partendo dalla profonda solitudine di chi non avrebbe alcuna ragione per lamentarsi. David è sposato, ha dei figli, ha un lavoro e una casa, potrebbe avere degli amici, ma la sua vita sembra ritirarsi dentro una tana per ripararsi da solo dal freddo. Early winter situa i suoi personaggi nel primo gelo dell’inverno canadese, la dove il freddo diventa espressione di una condizione che non è un raggelarsi dei rapporti, quanto piuttosto costrizione ad una chiusura personale, ad una sempre più ostinata solitudine. La sequenza iniziale coglie i due protagonisti mentre consumano un atto d’amore ed è una bel detour visivo, un aperto inganno per lo spettatore. Quello di David e Maya non è un’unione facile, né felice, nonostante tutto e nonostante i figli. Le loro differenze contribuiscono ad aggravare questa condizione. Maya che è di lingua inglese ha difficoltà di rapporti in un’area francofona come quella in cui vive e forse David non riesce a rendersi conto di questa situazione della moglie.
Rowe racconta con incalzante progressione queste

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distanze tra i personaggi, gli universi familiari separati, la solitudine di David e la sua dedizione agli ospiti della casa di riposo e conduce questa indagine con la complicità dei suoi due attori (David Doucet e Suzanne Clément) che hanno collaborato alla sceneggiatura contribuendo a meglio definire i caratteri dei loro personaggi.
Early winter si definisce come un cinema silenzioso, il cui tratto essenziale è questa lunga, articolata e mai conclusa indagine sulla solitudine dell’esistenza, su un piccolo universo in cui una certa progressiva modernità non riesce a soddisfare bisogni primari dell’anima.
Sono queste l presenze sempre più numerose che affollano gli sguardi degli autori, Michael Rowe tra loro, egregiamente, contribuisce con il suo film, a raccontare la condizione personale dei suoi personaggi grazie ad una scrittura complessa che sa trasformare la vicenda in un cinema minimale e quasi segreto che sa aprirsi in un finale in cui la tempesta di ghiaccio che è passata sulle vite di David e Maya sembra lentamente sciogliersi in attesa di un nuovo sole.

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