#Venezia72 – Agnès Varda presenta Les 3 boutons

In una conferenza stampa la grande cineasta francese ha raccontato la sua carriera e il suo ultimo cortometraggio

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La “nonna della Nouvelle Vague” come si auto proclama Agnès Varda durante la conferenza stampa, è ospite al Festival per presentare Les 3 boutons, ultimo capitolo del decalogo di cortometraggi facenti parte del progetto Miu Miu Women’s Tales, a cui hanno partecipato tra le altre Alice Rohrwacher, Miranda July e Zoe Cassavetes.

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La presentazione del corto ha dato l’avvio ad un excursus sul percorso creativo di una donna che pur avendo posto le fondamenta per la nascita della Nouvelle Vague, ha vissuto la propria carriera artistica alla ricerca di un linguaggio che superasse i confini tra i vari mezzi creativi, senza temere le contaminazioni. Introducendo Les 3 boutons, Varda si affretta a specificare che nonostante gli elementi fantastici, ciò che mostra “non è una fiaba, ma un racconto correlato con la realtà”, ed afferma che la storia della giovane Jasmine, che rifiuta il lusso di un vestito di alta moda per indossare l’uniforme da studentessa, “non è sulla moda, ma sul desiderio di avere un’istruzione”, dando in tal modo conferma di una visione dalla sensibilità sociale e dal forte impegno etico. Rispondendo alle domande dei giornalisti, Varda ricorda le tappe della propria cinematografia, contrassegnata dalla sovrapposizione e la reciproca influenza tra fiction e documentario: “Senza tetto né legge (Sans toit ni loi 1985) era fiction, ma aveva una struttura, un tessuto da documentario. Le persone mi chiedevano se fosse una storia vera. Invece in Les Glaneurs et la glaneuse dialogavo con delle vere spigolatrici, chiedevo delle loro vite. Ho sempre tentato di cancellare, spingere i confini sempre più in là. Mi auguro che il film arrivi, non che le persone si chiedano se è vero o non è vero”. E prosegue: “La mia grande gioia consiste nel poter mostrare la mia arte, avere la possibilità di condividere quello che faccio. Cerco di trovare nuove forme”.

 

Rivangando la propria carriera artistica, la Varda ricorda anche il suo passato (e presente) da femminista, che si è sempre intrecciato con il suo lavoro: “Mi hanno definita come la nonna della New Wave, perché sostenevo che andasse fatto un cinema contemporaneo, che bisognasse trovare un linguaggio che avesse a che fare con la pittura, la scultura, le arti contemporanee. Lottavo per i diritti delle donne nel cinema. C’erano pochissime donne all’epoca nell’ambito del cinema. Siamo passate dal 3% al 20%. Le donne devono lottare per esistere; negli ultimi 50 anni ho visto e testimoniato molti cambiamenti, ma dobbiamo lottare perché le donne entrino nella compagine di chi fa qualcosa”.

 

La Varda ricorda anche Alain Resnais, che le fece da montatore nel 1954 per il suo primo lungometraggio (La pointe courte): “Alain ha fatto più di un semplice montaggio. Lui era più grande di me di tre anni, ed all’epoca la differenza di età, anche se di poco, era importante. Alain mi ha insegnato cose importanti, come ad esempio a mantenere un progetto per quello che è. Se avete un progetto siate fedeli alla vostra idea. Alain mi ha insegnato questo, e io l’ho conosciuto prima che diventasse famoso. Mi piace essere stata capace di riconoscere un vero artista prima che diventasse famoso”.

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