#Venezia 72 – Tanna, di Bentley Dean, Martin Butler

La Settimana della Critica fra gli aborigeni dell’Oceania con un racconto di finzione che sa essere spaccato culturale e antropologico, senza rinunciare all’immediatezza della narrazione popolare

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------

L’impresa, di per sé, ha dell’incredibile: due documentaristi anglosassoni entrano in contatto con gli aborigeni della tribù Yakel, nell’isola di Tanna, in Oceania, e decidono, con loro, di girare un film di finzione. I due non hanno nessuna esperienza nel campo della fiction, e quanto agli Yakel, loro non sanno nemmeno cos’è il cinema. Ma il miracolo si compie. Il canovaccio è semplice e universale, racconta l’amore fra la giovanissima Wawa e il nipote del capovillaggio, Dain. Come nella più celebre delle tragedie shakespeariane, i novelli Romeo e Giulietta sono però osteggiati dalle rivalità fra clan: lei è promessa a un giovane rivale, per suggellare la pace fra tribù altrimenti destinate alla guerra. C’è infatti da dar conto pure a una legge millenaria che non prevede il matrimonio d’amore, ma sempre e soltanto per scelta degli anziani del clan. Ma nessuno dei due ci sta, e il loro gesto d’amore diventa ribellione, fino alla fuga e al peregrinare, fra le foreste dell’isola. Sullo sfondo, l’ombra imponente del vulcano Yahul, madre spirituale per tutti gli aborigeni, sembra ribollire della stessa passione che muove disperati i due amanti.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

L’empatia e la partecipazione che anima i due registi è condivisa da tutta la popolazione dell’isola: gli Yakel hanno infatti partecipato a ogni fase della pianificazione: Tanna è perciò un film che sta sempre dentro e fuori la sua traccia narrativa principale. E’ una storia già raccontata ma che si presenta nuova. E’ uno spaccato culturale e antropologico che gli Yakel rivendicano come uno strumento-ponte

tanna2per trasmettere al mondo il proprio codice di vita (il “Kastom”), ma è anche un’opera che ha l’immediatezza della narrazione popolare: diretta, sincera e senza apparenti secondi fini. La chiusura che caratterizza sia i sistemi culturali della tribù che le rigide regole del racconto di finzione, viene quindi a rompersi per l’effetto travolgente di un sentire panico incarnato da un sentimento fuori dagli schemi. Wawa e Dain si sfiorano, si cercano, il loro è un rapporto impetuoso ma che il racconto ci mostra nella tenerezza del gesto più ribelle perché innocente. La natura è con loro, fa da cassa di risonanza, grazie a uno sguardo partecipe, che rende ogni foglia e ogni lingua di fuoco del vulcano come l’ideale prosecuzione di quei gesti umani così essenziali, eppure così carichi di significato. L’ispirazione reale – in passato molti suicidi interni alla tribù hanno spinto gli anziani a revocare la legge del matrimonio combinato – si fa così racconto di un’evoluzione e di uno sconvolgimento, all’interno di un piccolo mondo che si sa rispecchiare nella forza degli elementi stessi. L’esperimento dei due registi finisce perciò per diventare uno spartiacque e trasmette il valore di una testimonianza importante. Come nell’Avatar cameroniano, ma senza la sovrastruttura digitale, ciò che vediamo può essere anche altro, ma senza mai perdere di vista l’emozione che mette in scena. Un film che è un piccolo, autentico, miracolo cinematografico.

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array