#Venezia 72 – Tempête, di Samuel Collardey

Sette anni dopo l’interessante esordio con L’apprenti, Samuel Collardey continua a portare avanti un’idea di narrazione che è elaborazione in fieri di spunti offerti dalla vita reale. Così accade con la storia di Dom, pescatore di Les Sables-d’Olonne, nella Francia Occidentale, alle prese con due figli di cui ha ottenuto l’affidamento dopo il divorzio. Il lavoro lo costringe però a passare molto tempo in mare, e quando la figlia maggiore Mailys rimane incinta, per l’uomo si apre la difficile scelta di un cambio di vita che gli permetta di essere più presente nella vita dei ragazzi.

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La tempesta del titolo non è, dunque, quella che Dom deve affrontare quando il mare è più agitato, ma il più complesso intreccio di emozioni e doveri sottesi a una vita da ripartire fra il lavoro e gli affetti. Da un lato l’uomo deve infatti ricomporre i legami familiari compromessi dalle difficoltà del vivere, dall’altro avverte l’esigenza di sbarcare il lunario per garantire ai figli la giusta stabilità economica. Come già evidenziato, Collardey reitera l’approccio già apprezzato agli esordi: il protagonista Dominique Leborne è infatti un autentico pescatore, come realmente suoi sono i figli che interagiscono con lui. La traccia fornita dalla vita vera diventa così il punto di partenza per un lavoro dove la documentazione del fatto reale e la sua contestuale elaborazione in una narrazione di finzione si puntellano a vicenda.

L’autore francese costruisce attorno al suo protagonista uno spazio che va sempre più riducendosi, ma allo stesso tempo ritaglia i tempi necessari affinché il meccanismo narrativo non soffochi l’immersione emotiva in una quotidianità che, ai momenti più difficili, alterna l’interazione con un modo vero, fatto di affetti e piccole complicità. Non si ha mai la sensazione di un’autentica tempesta, ma nei momenti in cui Collardey si lascia trasportare dalla forza espressiva dei volti o dei luoghi che il suo sguardo attraversa, emerge un’empatia particolare con la materia trattata. Il lavoro con gli interpreti (a iniziare dallo stesso Dom) riesce così a liberare il complesso delle emozioni evocate dalla storia in un modo molto diretto, più di quanto non riescano a fare i dialoghi o le situazioni chiaramente più impostate in fase di scrittura. In quei momenti, Tempête, trova la sua maggiore compiutezza.

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