#Venezia72 – El desconocido, di Dani de la Torre

Nella sezione Giornate degli Autori, l’action movie di Dani de la Torre conferma il suo originale percorso nella ricerca attraverso i generi senza sfigurare nel confronto con i modelli più affermati.

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L’adrenalinico esordio del regista spagnolo Dani de la Torre, in un solo colpo stigmatizza l’ingordigia spietata del sistema finanziario adottato dalle banche nei confronti degli sprovveduti clienti, introduce il tema della paternità perduta e della sua riabilitazione in un percorso di riacquisizione di fiducia e di stima nei confronti dei figli, costruendo un racconto tesissimo e concitato degno del migliore cinema di genere di fattura hollywoodiana.

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In El desconocido la normale giornata di Carlos direttore di una banca si trasforma in un incubo. Sotto i sedili della sua automobile uno sconosciuto ha sistemato una bomba pronta ad esplodere se non darà esecuzione agli ordini che gli vengono impartiti per telefono attraverso un numero che il display del cellulare indica come sconosciuto. Dovrà trovare quasi 500.000 euro da trasferire sul conto del suo ricattatore, ma dovrà salvare anche i suoi due figli Sara e Marcos.

Il quarantenne regista galiziano Dani de la Torre ambienta

l’incalzante svolgersi della vicenda dentro un’automobile, nello spazio ristretto di un’autovettura che abbiamo imparato da un film altrettanto nervoso come Locke, come possa diventare spazio dove gestire la propria vita e gettare nuove fondamenta per il proprio futuro. La vicenda di Carlos, mutati i canoni del genere al quale il film appartiene a pieno titolo e con tutti i caratteri propri del thriller d’azione, non è troppo dissimile per esiti dal film di Steven Knight concludendosi, la vicenda, nella palingenesi del personaggio che ritroveremo completamente diverso da quello che abbiamo conosciuto grazie alle prime sequenze del film. Anche qui ritroviamo Carlos la cui vita apparentemente felice e sicuramente agiata è erosa alle radici da una insanabile frattura dei rapporti con la moglie e da una preoccupante distanza dai figli che non gli riconoscono alcuna autorevolezza, ma che riusciranno a scoprire il valore dell’amore del padre nei loro confronti.

Tirato e avvincente nel suo svolgersi, al film di de la Torre vanno riconosciute le qualità che non appartengono alle corde delle scuole europee. I nostri autori non sembrano possedere il carisma e la preparazione sufficiente per girare sequenze d’azione che si rivelino così efficaci quanto a virtuosismo come accade invece per il regista spagnolo. Dani de la Torre sembra a proprio agio nel racconto che incastra i suoi protagonisti dentro quell’abitacolo e non si tira indietro nel proporre inseguimenti e ripartenze da manuale. Forse qualche virtuosismo in meno (meno veroniche con la macchina da presa) avrebbe reso più asciutto lo svolgersi della vicenda.

El desconocido, Giornate degli Autori

El desconocido, Giornate degli Autori

Tutto nasce dall’inganno che il sistema creditizio propone ai suoi clienti attraverso investimenti in cui si millantano facili guadagni, ma che si rivelano spazzatura con le inevitabili tragiche conseguenze sulle vite delle persone. Sono gli effetti di una stringente crisi economica e Carlos sta pagando per vecchie colpe e per avere, senza alcuno scrupolo, ingannato le persone che avevano fiducia in lui. Il film quindi che sembra sfiorare il tema della crisi in effetti ci dirige verso un’altra direzione e si concentra, con una trasversalità evidente, ma in fondo sapientemente mascherata sul tema della fiducia. Quella che Carlos ha perso da parte dei suoi figli e della moglie, quella che invece gli concedono i clienti ai quali sta sottraendo soldi per risolvere la sua vita messa sotto scacco, quella che gli viene incredibilmente sottratta dai suoi dirigenti che lo abbandonano nel momento della difficoltà dopo essere stati ispiratori e complici delle operazioni sporche della banca, quella che l’intraprendente Belen capo degli artificieri prova a farsi dare da Carlos e quella che la stessa gli attribuisce senza riserve e quella che invece non gli concede il capo della polizia che non crede alla buona fede di Carlos e soprattutto quella che gli concede la figlia Sara che con un atto di coraggio senza riserve si pone definitivamente e per sempre dalla parte del padre. È quindi quello della fiducia il tema strisciante del film, quello attorno al quale ruota il complesso meccanismo messo in scena da del Torre che ci consegna un film non comune per la cinematografia europea. Il regista però non si discosta dal consueto clichè quanto al finale e sicuramente un maggiore coraggio sarebbe stato apprezzato. Ma il cinema è anche scambio commerciale e non si può chiedere più di tanto ad un esordiente che già ha diretto con sicurezza una macchina di elaborata struttura. Ma in fondo è proprio e (forse) solo il cinema spagnolo ad essere stato capace, in questi ultimi anni, a farci guardare con singolare originalità al cinema di genere in chiave europea. Il cinema di Balaguerò ci ha introdotto alle variazioni sull’horror americano e ora de la Torre si cimenta in questo action movie teso e per nulla trascurabile.

Una menzione a Luis Tosar che dopo essere stato l’infido portiere in Bed time di Balaguerò, oggi è l’affidabile Carlos riaffermando la propria attendibilità attoriale in una continuità che unisce generi, autori e ricerca che il cinema spagnolo ha saputo con costanza riaffermare.

 

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