Tutti pazzi in casa mia, di Patrice Leconte

Il tono e il risultato sono decisamente da cinema du papa svogliato e spompato, messo in piedi sulla scia dell’enorme successo della pièce in Francia, e affidato soprattutto alla verve di Clavier

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La situazione di partenza è comune a molti di noi, l’impossibilità di riuscire a trovare un’ora di tranquillità, solitudine e silenzio per ascoltare un album appena acquistato, che magari si cercava da un sacco di tempo. Al protagonista della commedia teatrale Une heure de tranquillité di Florian Zeller succede proprio di spazientirsi progressivamente e con cattiveria sempre crescente, pur di liberarsi di tutti, familiari, vicini, amanti e visitazioni inaspettate nel salone del suo lussuosissimo appartamento borghese, in cui tenta invano di isolarsi per gli 80’ della pellicola, ad ascoltare il vinile di un clarinettista a cui è affezionatissimo, finalmente scovato in un mercatino di dischi.
Il cinismo e l’acrimonia con cui Michel, a teatro interpretato da Fabrice Luchini, testimone passato sullo schermo a Christian Clavier, vuole raggiungere il risultato di farsi odiare e abbandonare da chiunque, per poter finalmente rimanere solo con il suo jazz, porta com’è facile immaginare a risultati disastrosi ed esplosivi, la casa della famiglia dell’uomo finisce letteralmente sottosopra e saltano fuori tutti i segreti, i tradimenti e le follie di un equilibrio domestico fatto in realtà di egoismi e menefreghismi da benestanti privilegiati.

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Dietro le schermaglie calibrate e rocambolesche della commedia degli equivoci da camera Leconte sembra dunque prevedibilmente nascondere il ritratto al vetriolo di una classe sociale indifferente e attenta solo a perseguire il proprio tornaconto e i propri costosi vizi, pronta perciò a mandare al diavolo qualunque istanza del presente, che il copione introduce attraverso l’umanità multiculturale che affolla l’appartamento di Michel nel corso della vicenda, per proteggere la tranquillità irreale dei propri avamposti con “l’impianto stereo migliore del mondo”. Il tono e il risultato sono però decisamente da cinema du papa svogliato e spompato, messo in piedi sulla scia dell’enorme successo della pièce in Francia, e affidato soprattutto alla verve di Clavier, Carole Buquet, e Rossy De Palma in vacanza dal cinema di Almodovar nel ruolo della governante perennemente raffreddata.

L’ambientazione d’apertura del mercatino dell’antiquariato è forse la metafora perfetta per la natura un po’ impolverata del film, ma quantomeno Leconte ha il pregio di non nascondere nemmeno per un istante la consapevolezza di stare imbastendo un meccanismo che con benevolenza si potrebbe definire vintage.
E così riesce a piazzare quantomeno la bella intuizione del finale, il guizzo sul vinile che va in loop senza che il padre di Michel se ne accorga, che nasconde un’acuta quanto ridanciana riflessione sul senso stesso di questo cinema incastrato, elicoidale, che trova una musicalità interna proprio alla sua stessa dannazione per la ripetizione ciclica e inarrestabile di formule, di tempi, di passaggi.

 

Titolo originale: Une heure de tranquillité
Regia: Patrice Leconte
Interpreti: Christian Clavier, Carole Bouquet, Valérie Bonneton, Rossy De Palma, Stéphane De Groodt
Distribuzione: Universal Pictures
Durata: 79′
Origine: Francia 2015

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