BIOGRAFIE di Maurizio Mariscoli

 


 

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#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

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Biografie


 


Antonio


Antonio è nato a Roma nel 1960. Fin da quando andava a scuola i suoi occhi chiari erano stati una potente arma di seduzione. Le sue compagne di classe lo ammiravano ed erano più o meno segretamente attratte da lui. Nelle classifiche dei più belli della classe, redatte dalle scolarette, Antonio era sempre al primo posto. Al liceo non gli fu difficile conquistare una bella ragazza dai capelli rossi che rispondeva al nome di Silvia. L'aveva notata in autobus. Coincideva perfettamente all'ideale di donna che aveva sempre avuto. Alta, slanciata, due gambe snelle, tornite come quelle di una statua di marmo; desiderava i suoi occhi verdi e soprattutto la sua pelle lattea dalla quale emergeva una leggera e sensualissima impetigine. Sì. La prima volta che quella fanciulla aveva attratto la sua attenzione fu in autobus. Conquistò i suoi occhi, ma soprattutto il suo naso. Quell'odore di Iceberg mescolato alla freschezza della sua pelle nordica lo aveva letteralmente soggiogato, penetrandogli nelle narici e diffondendosi per la sua gabbia toracica fino a conquistare il suo cuore. Per tre mesi quella ragazza dai capelli rossi fu il suo unico obiettivo. Nello studio non aveva bisogno di applicarsi tanto per ottenere dei buoni risultati. La sua perspicacia gli permise il lusso di dedicare gran parte del suo tempo al corteggiamento.


L'occasione di conquistare Silvia gli si presentò durante un'autogestione. Gli studenti avevano occupato la scuola, e avevano indetto diversi corsi pomeridiani, tenuti dagli stessi ragazzi. Antonio, che prendeva lezioni di canto, si propose come insegnante in questa disciplina. Grande fu la sua sorpresa quando si ritrovò davanti, fra gli allievi, Silvia. I suoi occhi furono calamitati da quella delicata figura, dallo smeraldo dei suoi occhi, dalla grazia con cui si muovevano le sue mani, dal modo in cui accavallava le gambe, ma soprattutto da quell'odore di iceberg che mandava letteralmente in tilt il suo sistema olfattivo. Una sera, aveva chiesto a Silvia se voleva essere accompagnata a casa. Lei accettò di buon grado. Antonio aveva 18 anni e aveva appena preso la patente. In quella macchina con quella ragazza al suo fianco si sentì un dio. Quando Silvia si accorse che la vettura non si stava dirigendo verso casa sua non protestò, anzi dal luccichio che aveva scorso nei suoi occhi verdi Antonio capì che era eccitata. La portò in una strada solitaria che terminava nei pressi di uno strapiombo. Da quella verde altura si poteva vedere tutta la città. Un bellissimo panorama punteggiato di luci, di fronte al quale per la prima volta le loro labbra si unirono, fondendosi in un paradiso di saliva. La loro storia d'amore durò poco più di due anni. L'incantesimo che li aveva stregati era stato neutralizzato piano piano dal più terrificante dei mostri: il tempo. Antonio comprese la natura illusoria dell'amore, il tragico significato della parola fine. Decise di troncare quel rapporto che aveva coltivato con cura e dedizione per tutti quei mesi. Successe una sera, dopo che erano andati al cinema. Avevano comperato popcorn e patatine, erano affondati nelle comode poltroncine rosse della sala, pronti per giocherellare come sempre con le mani ognuno in mezzo alle gambe dell'altro. Ma quella volta le loro dita non subirono l'irresistibile forza senza nome che da sempre dolcemente le tiranneggiava, forzandole a raggiungere il punto x dove ogni piacere aveva origine. No. Quella sera non successe niente di tutto ciò. Guardarono il film in un'atmosfera di ghiaccio. La sala era fredda. I loro cuori erano freddi. Il tempo li aveva rinchiusi in frigorifero, trasformandoli in immobili cubetti di ghiaccio. Da un po' di giorni la loro relazione era come assiderata. Antonio non ne capì le cause, non comprese perché il fantastico si era tramutato in ordinario. Pronunciò come un automa le fatali parole che colpivano a morte la loro relazione, mentre lacrime calde gli rigavano il volto. L'amore al patibolo senza via di scampo. Condannato per essersi surriscaldato. Rinchiuso per sempre nel frigorifero dei ricordi dal quale non sarebbe più uscito. Da allora Antonio cominciò a guardare le donne con sospetto. Non sapeva perché, ma ormai lo aveva scoperto. L'amore non era eterno; faceva soffrire ed era forse più saggio starne lontano.


Dopo il diploma di maturità Antonio si iscrisse a filosofia. Era attratto da tutto ciò che era fredda contemplazione, distacco emotivo, dominio di passioni. Forse era quello il segreto per andare avanti. All'università conobbe Sara. Frequentavano le stesse lezioni e fra loro si instaurò presto un rapporto di amicizia. Sara non era bellissima, non corrispondeva all'ideale di Antonio, ma lui non riusciva a disdegnarla, un po' perché aveva imparato a volerle bene, un po' perché quella donna possedeva una forte carica animale, che ogni volta provocava in lui incontrollabili erezioni. Così il loro argomento preferito passò dalla filosofia al sesso. Ben presto fu chiaro per Antonio che Sara provava per lui molto di più che una semplice attrazione sessuale, ma non diede troppa importanza a questo risvolto. Antonio, uomo di filosofia, non l'amava, ma non l'avrebbe mai fatta soffrire. Le donne per lui erano solo platoniche proiezioni avulse dal reale, involucri di carne che non generano amore, ma solo la sua squallida pantomima. La loro storia poteva continuare, alimentata dall'amore di lei e dal sacro rispetto di lui.


Dopo due anni di studi Antonio lasciò l'università, perché si era messo in testa di guadagnare. La filosofia dopotutto poteva sempre studiarla da solo. L'università non gli avrebbe dato mai il lavoro; l'unica cosa che gli avrebbero potuto fornire i suoi insegnanti era una sterminato oceano di libri e non gli strumenti necessari per trovare un buon impiego. Antonio decise così di impiegarsi in una profumeria. Suo padre conosceva molto bene il proprietario, altrimenti non sarebbe mai riuscito ad ottenere quel lavoro. Di certo non sarebbe bastato il suo straordinario olfatto a convincere il dottor Carlo Trilussa, titolare della più famosa ditta di profumi del centro Italia. Il nepotismo non era un'invenzione dei biografi dell'antica romanità. La vita era questione di conoscenze.


Nel 1986 Sara si era laureata, aveva completato gli studi di filosofia che lui aveva lasciato a metà, ma era molto meno filosofa di Antonio. Lei era proprio innamorata. Lui le voleva un bene dell'anima, ma non se la sentiva di battezzare il suo sentimento col nome di Amore. Ciò che più lo incatenava a lei era il bisogno di sentire il suo odore. Era come una droga di cui non poteva fare a meno. Ogni notte prima del sesso affondava il naso nelle sue parti intime e restava così per alcuni minuti, come una bestia, aspettando che quell'odore si diffondesse dentro di lui, quell'odore forte che gli avvelenava l'anima.


Si stabilirono in un piccolo appartamento al centro di Roma. Sara alla fine era stata la perfetta dimostrazione dell'inutilità pratica di studiare filosofia. La sua laurea era solo un fregio da appendere al muro. Per guadagnare aveva bisogno di fare altro. Cominciò a lavorare nel negozio di animali del padre. La loro vita di coppia era tranquilla; procedeva senza scossoni sui binari dell'amore e della filosofia, dell'illusione e dell'affetto finché non si fermò in un'incantevole stazione: Claudia.     


 


Sara


Sara era nata a Viterbo nel 1961. Aveva vissuto un'infanzia meravigliosa, amata dai suoi genitori e dai suoi nonni che le stavano sempre vicini. Vivevano in una grande casa in campagna, vicino Viterbo. Possedeva quattro cani, tre gatti e un cavallo. Aveva imparato a 8 anni a cavalcare e da allora non aveva più smesso. Adorava inoltrarsi nel bosco dove scorreva l'acqua fresca di un ruscello in compagnia di suo padre. Con lui poteva parlare di tutto; era una persona straordinaria sempre pronta ad incoraggiarla e a soddisfare ogni sua curiosità. Lampo, il suo cavallo bianco, era fantastico. Gli animali erano la sua grande passione e la sua era una grande famiglia: in tutti i sensi. Mamma e papà avevano fatto enormi sacrifici per mandarla a scuola e lei li aveva ricambiati con uno studio attento e costante che non tardò a dare i suoi frutti. La scuola non era mai stata un incubo per Sara, ma un piacere. Era la più brava della classe, motivo d'orgoglio per gli insegnanti, preda dell'invidia dei compagni. I maschi non le piacevano un granché. Li trovava volgari e spesso osceni sia negli atteggiamenti che nel linguaggio. Lei aveva le sue idee e non avrebbe sprecato la sua verginità per un ragazzo qualunque assetato di sesso. Finì il liceo e ancora non aveva conosciuto nessuno degno delle sue attenzioni. Non pensava all'amore come ad un problema che la faceva sentire diversa, ma come all'eterno problema che la faceva sentire uguale a tutti gli altri. Sì, perché secondo lei la maggior parte delle sue compagne fingeva di essere felice con il proprio ragazzo. L'amore non poteva diventare regola, perché possedeva l'intima natura dell'eccezione. Era cresciuta con le fiabe che i nonni le leggevano da piccola e la vita non poteva essere diversa. Una come lei non lo avrebbe accettato. Piuttosto sarebbe rimasta sola, preservando la sua purezza. Si iscrisse ad un corso di danza moderna per fare nuove conoscenze, ma i ballerini che ebbe modo di frequentare erano o troppo femminei o troppo materialisti. Ben presto abbandonò quel tipo di attività in cui non aveva talento e quella palestra dai mille specchi che non le aveva regalato nessuna amicizia interessante. Aveva 21 anni e cercava ciò che cerca qualsiasi ragazzina di 14: il principe azzurro, ma non il classico principe azzurro che non esiste, ma quello in carne ed ossa che ti bacia e fa sparire il mondo. Lo trovò all'università. Il suo principe si chiamava Antonio. Fu attratta dai suoi occhi chiari, dal suo sguardo triste, proiettato verso le malinconiche sponde della disillusione. Entrambi studenti di filosofia dimenticarono l'astrazione per immergersi nella pura carnalità. Anche quando Antonio abbandonò gli studi per intraprendere l'attività lavorativa di cui il suo lato pragmatico aveva sete, si erano continuati a vedere. Lei lo amava con tutta se stessa, perché lui era il suo primo ragazzo, quello a cui aveva concesso l'onore di accostarsi al suo corpo e di cibarsi dei suoi frutti; ai suoi occhi lui era l'uomo più dolce della terra, colui che l'avrebbe sempre compresa nei secoli dei secoli Amen. Era cosciente che forse la sua visione era un po' troppo idilliaca, ma voleva annegare nel suo mare di speranze, quello che bagna la terra dell'eterna gioventù. Nel 1986 Sara si laureò e fu felicissima del suo 110 lode, maturato dopo tanti sacrifici, ma fu ancora più felice quando scorse in lontananza il suo Antonio che a fatica le portava in dono un immenso mazzo di rose rosse. Tutto era troppo perfetto nella sua vita per essere vero. Sara trovò a poco prezzo un piccolo appartamento al centro di Roma, che con entusiasmo avrebbe trasformato nel loro nido d'amore. L'affitto, per quanto onesto, richiedeva delle entrate costanti nel portafoglio della giovane coppia. Antonio già da due anni lavorava presso la grande profumeria Trilussa al centro commerciale e Sara per non essere da meno cominciò a lavorare nel negozio di animali del padre. La filosofia non le avrebbe mai permesso di impinguare le sue finanze in maniera considerevole, così aveva preferito aiutare suo padre nella sua attività di commerciante. Amava gli animali e tutte le mattine si recava al lavoro con entusiasmo. Non era una cosa da poco, visto i musi lunghi delle sue amiche che lavoravano in banca. Un nido d'amore, un principe azzurro e una famiglia che l'adorava: questa era la felicità.


 


Claudia

Claudia nacque a Roma nel 1970. Figlia di una nobile famiglia di avvocati, trascorse la sua infanzia nel vizio e nel lusso. I suoi genitori si separarono quando lei aveva 7 anni. Con la mamma non aveva mai avuto un buon rapporto e così decise di vivere con il padre, per il quale provava un affetto profondo. Alle scuole medie era già fiorita tutta la sua sfacciata bellezza, che le permetteva di sfruttare alcuni suoi compagni. Mirco e Giuseppe l'adoravano e facevano a gara per andarle a comperare la merenda o per accompagnarla a casa. Una volta si erano perfino battuti per Claudia nel cortile della scuola. Quando Mirco fu portato all'ospedale col sopracciglio sanguinante lei non provò alcuna pietà per lui e si avvicinò a Giuseppe per donargli il bacio che aveva promesso al vincitore. In realtà voleva soltanto essere corteggiata, voleva capire fino a che punto i maschi erano in grado di impazzire per la sua bellezza. Il papà a casa la trattava con ogni riguardo e la viziava con eccessive ed ingiustificate premure ed elargizioni. Le portava la colazione a letto e per lei aveva sempre pronta un'esagerata paghetta settimanale. Claudia crebbe nella convinzione che tutto le fosse dovuto. Affrontò il liceo come fosse uno scherzo. Non studiava molto, ma aveva un precettore privato che seguiva con zelo il suo percorso culturale, colmando le sue lacune, facendole recuperare tutti i concetti che non aveva afferrato in aula. Claudia era sempre stata una ragazza pigra. Si crogiolava spesso davanti allo specchio, sgranocchiando qualche dolciume. Il sabato lo passava con le sue amiche, con le quali aveva preso la cattiva abitudine di fumare. Lo facevano al bagno della scuola, mentre chiacchieravano di ragazzi e di cosmetici. La sua vita cambiò alla morte improvvisa del padre. Aveva 17 anni quando la venne a prendere in classe suo zio e la portò dritta dritta in ospedale, dove suo padre era stato ricoverato d'urgenza per un attacco cardiaco. C'era anche sua madre in sala d'aspetto. Quando giunse la notizia del decesso, qualcosa dentro Claudia si frantumò in mille pezzi. Cominciò a piangere, incapace di resistere al dolore che dilagava dentro di lei. Suo padre che l'aveva tanto amata era morto. Non poteva crederci. Non poteva accettarlo. Andò a vivere con la madre, nella ferma decisione che avrebbe cambiato totalmente vita. Basta con il vacuo narcisismo, con le chiacchiere, con le comodità, con la pigrizia, con le sigarette. Si sarebbe dedicata allo studio. Il cuore del padre non aveva retto. Un attacco cardiaco se l'era portato via per sempre e lei voleva a modo suo vendicarsi. Decise che avrebbe consacrato la sua vita alla cardiologia, per sconfiggere l'infarto. Nulla le avrebbe ridato indietro suo padre, ma almeno poteva salvare tante persone, cercando di capire il complesso funzionamento del muscolo cardiaco. Conobbe Franco, un famoso pneumologo a Ginevra, quando era ancora adolescente, durante il periodo presso cui era ospite di una sua vecchia amica d'infanzia. Non era bello, ma aveva una qualità fondamentale per lei: assomigliava a suo padre. Era un motivo valido per cominciare una storia che non sarebbe finita. Affrontò l'università con determinazione e caparbietà tali che le permisero di finire il corso di studi senza perdere nemmeno un anno. Si specializzò poi in cardiologia ed esercitò la professione presso l'ospedale regionale. La storia con Franco non pulsava di passione bruciante, ma risplendeva di tranquillità borghese. Guardandolo Claudia aveva l'illusione di avere di fronte suo padre. Il resto non importava. A letto fra di loro non funzionava per niente. Lui godeva come un ippopotamo in calore, mentre lei giaceva inerte in uno stato larvale. Claudia cominciò a pensare di avere dei problemi di frigidità, quando invece sapeva benissimo che il guaio era un altro: non era sessualmente attratta dal suo compagno. Le dava sicurezza. Nient'altro. Un giorno si era recata dallo psicologo, snocciolando senza timore i suoi blocchi sessuali. Non sarebbe servito a niente, ma qualche cosa doveva pur fare. Quando usciva da sola in città, si ritrovava sempre più spesso a desiderare perfetti sconosciuti e ne immaginava la carica erotica che l'avrebbe portata ad un godimento animale.


Un sabato mattina, libera da impegni lavorativi, si era recata al centro commerciale, per comperare un profumo al suo compagno. Il commesso che le era venuto incontro era molto attraente. Quegli occhi chiari… così malinconici…


Doveva liberarsi dai soliti pensieri proibiti. Aveva già un compagno, si chiamava Franco e assomigliava spudoratamente a suo padre. Ma quel ragazzo che le spruzzava il profumo sul polso per farglielo odorare era così affascinante. Ebbe l'innegabile sensazione che lui la stesse desiderando. Si concentrò sul fatto che non poteva abbandonare suo padre, ma non servì a nulla.


 


Franco

Franco Scwharzewollenfaden era nato a Lugano in Svizzera nel 1960. Di carattere schivo e timido, trascorse la sua infanzia e la sua adolescenza nella più completa solitudine. Gli ottimi voti che prendeva a scuola non colmarono di certo il suo vuoto affettivo. Suo padre era un industriale che stava sempre fuori per lavoro, mentre sua madre era casalinga e si preoccupava molto per la salute psichica di suo figlio. Lo vedeva sempre curvo sopra i libri e considerava questo comportamento anomalo come il preludio di un terribile disagio esistenziale. Spesso Franco, venendogli a mancare l'amicizia dei suoi coetanei, si confrontava con la mamma. Le chiedeva tutto sulle abitudini, sui gusti delle ragazze e sul sesso. La mamma, con l'angoscia nel cuore, le spiegava ogni cosa senza alcuna reticenza, nella segreta speranza che suo figlio, ormai diciannovenne si trovasse una brava ragazza. Lo vedeva solo il giorno mentre tornava da scuola, solo la sera, mentre avidamente divorava film horror, film di maniaci, assassini, mostri, sentendosi egli stesso un mostro.


Dopo la maturità, Franco si trasferì a Ginevra per frequentare l'università di medicina. Lontano dalla mamma, si sentì ancora più solo. La curiosità del sesso cresceva dentro di lui, senza la minima speranza di essere soddisfatta. Le ragazze dei corsi che seguiva non dimostravano il minimo interesse verso la sua persona. Era alto, ma eccessivamente magro; una barbetta bruna le incorniciava il viso appuntito e scarno. Il suo libretto pullulava di ottimi voti, ma al quarto anno di università non riuscì più a resistere all'astinenza sessuale. Una notte si diresse lungo la strada statale, deciso a raggiungere uno spiazzo vicino al lago dove avrebbe potuto soddisfare i suoi impulsi sessuali. Utilizzò i soldi che gli inviava la mamma per pagarsi la sua prima scopata. La prostituta lo trattò con cura e delicatamente lo condusse all'orgasmo. Nonostante tutto Franco si vergognò di quello che aveva fatto. Era stato umiliante pagare una donna per raggiungere il suo primo orgasmo e decise che l'evento non si sarebbe più ripetuto. Franco si dedicò con maggior tenacia agli studi. Leggeva i libri con la foga di chi ha l'ansia di finire, con la rabbia di chi cerca invano di soffocare la sua frustrazione. Si laureò a pieni voti in un pomeriggio di maggio. Decise di festeggiare la laurea con i suoi parenti accorsi per l'occasione in un fantastico castello adibito a ristorante, lungo le sponde del lago di Ginevra. Il panorama era incantevole. L'azzurro dell'acqua, il verde dei monti e poi il bianco di quella ragazza che lentamente passeggiava sul lago con una sua amica. Quel giorno incrociando le due ragazze, spinto dall'euforia della laurea conseguita, trovò il coraggio di parlare, quel coraggio che non aveva mai avuto per 27 anni. Le invitò al suo tavolo dove tutti festeggiavano. Lo zio di Franco, vedendolo con due ragazze, anche se solo adolescenti, scattò tantissime foto al proprio nipote. Franco approfondì l'amicizia con quella splendida diciassettenne che si chiamava Claudia. Aveva appena perso il padre e lui la consolò con tenerezza. La ragazza viveva a Roma e anche Franco decise di trasferirsi là. Lei ne fu felice. Per lui una città valeva l'altra. L'importante era stare vicino a quella bellezza che ai suoi occhi appariva così fragile e indifesa. L'avrebbe amata, l'avrebbe protetta, l'avrebbe aiutata a realizzare il suo sogno di diventare cardiologa. Franco non badò a spese. Pagò gli studi universitari di Claudia e comperò un attico in via dei Condotti. Fra di loro c'era tenero affetto e sesso misurato. Claudia aveva negli occhi compassione, lui il fuoco eterno della lussuria troppo a lungo sopita. Franco ogni notte che faceva l'amore con lei (perché lui non la scopava, ci faceva l'amore – era una distinzione a cui teneva molto), si chiedeva, come sempre senza risposta, che cosa legasse quella fantastica creatura a lui. Era incredibile. Franco bistrattato dalle donne ed escluso dal loro universo fin dall'adolescenza aveva avuto la fortuna di trovare una ragazza come Claudia. Era un privilegiato. Voleva urlarlo al mondo, voleva che non ci fosse più alcun dubbio, voleva certificare la cosa con un atto incancellabile che non aveva mai considerato essenziale nella sua vita. Più passava il tempo, più sentiva crescere in lui il desiderio di sposarla.


    

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