A Better Tomorrow, di John Woo

Il frutto della collaborazione tra il genio di Tsui Hark e John Woo il cui sublime manierismo si esalta nel piacere puro del racconto.

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Finalmente anche in Italia abbiamo la possibilità di scoprire (e amare) il film che ha scatenato la passione nei confronti del nuovo cinema di Hong Kong e che ha consacrato John Woo maestro di cerimonie incontrastato del cinema d’azione più nobile del globo terracqueo.
A Better Tomorrow (che titolo stupendo per un noir al fulmicotone come questo: un domani migliore…) è il frutto della collaborazione tra il genio di Tsui Hark (e del suo Film Workshop, mai abbastanza celebrato) e di John Woo il quale prima di questo film aveva realizzato una ventina di pellicole, delle quali nessuna lo aveva soddisfatto. L’incontro tra Hark e Woo fu favorito dal fatto che il produttore/regista aveva intenzione di varare un remake al femminile di un noto film di Lung Kong, True Colors of a Hero, opera, a detta dell’autore di The Killer, di importanza seminale nell’economia del cinema asiatico che, a quanto ci risulta, da noi è completamente sconosciuta. Woo però non era convinto dell’idea di Hark e propose al produttore di pensare ad un film che potesse funzionare come operazione di rilancio in grande stile di Ti Lung, star di molti film del maestro Chang Che. Quest’equilibrio delicatissimo, sospeso tra un’attenzione filiale (e al tempo stesso filologica) al passato e le ragioni innegabili di un processo di modernizzazione della cinematografia di Hong Kong, avvertita come necessaria nonostante i timori di interrompere i rapporti affettivi e ideologici con essa, diede vita ad un film la cui importanza è tuttora lungi dall’essere valutata correttamente.

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La geografia sentimentale di A Better Tomorrow si situa ad un punto di intersezione tra il parallelo Melville e il meridiano Schrader, ma anche Scorsese e Sirk (per quanto riguarda i riferimenti occidentali) non le sono estranei. Più che la storia, il contrasto tra Ho (Ti Lung), un gangster, e suo fratello Kit (Leslie Cheung), allievo dell’accademia di polizia, conta la fede assoluta con cui Woo ama, senza condizione alcuna, i suoi protagonisti. Infatti il sublime manierismo di Woo (tanto forte e stilizzato da svilupparsi nel breve arco di tempo di un pugno di film in cifra estetica personale), invece di esaurirsi nell’esecuzione di una maniera, si esalta nel piacere puro del racconto, tensione questa vissuta con un entusiasmo e un’ingenuità commoventi, grazie alle quali siamo ben lieti di sorvolare sulle imperfezioni stilistiche che, a tratti, ancora affiorano.
E poi c’è Chow Yun-fat (considerato da Woo il suo alter-ego), probabilmente uno dei più grandi attori di questi ultimi anni, maschera tragica e comica, ricca di una generosa versatilità che potrebbe aspirare alla notorietà che in occidente fu un tempo di Mifune Toshiro. The Killer nel 1986 era ancora lontano, ma il carisma di Chow c’è già tutto e “A Better Tomorrow” lo consacrò star indiscussa di Hong Kong, insidiando da presso il trono di Jackie Chan. Resta da dire, a proposito del legame indissolubile che il cinema di Hong Kong intrattiene con la tradizione del cinema di arti marziali, che le coreografie sono di Tong Fei, il ragazzino che ne I 3 dell’operazione drago riceve lezioni di Kung Fu da Bruce Lee.

 

Titolo originale: Yinghung bunsik
Regia: John Woo
Interpreti: Leslie Cheung, Chow Yun-fat, Ti Lung, Lee Tse-ho
Durata: 98′
Origine: Hong Kong, 1986
Genere: poliziesco

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
5 (1 voto)
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