"A Christmas Carol", di Robert Zemeckis
Se è nell’essenza stessa di un’arte come quella cinematografica la capacità di travalicare i confini di spazio e tempo a cui l’intera umanità è soggetta, il cinema di Zemeckis non può che essere amplificazione di tale essenza, in perpetuo viaggio, all’inseguimento dei desideri. La materialità dei corpi e la trasparenza delle immagini, le tinte scure della paura e quelle chiare della redenzione, coincidono nel mondo di meravigliose illusioni di A Christmas Carol
In volo sopra i tetti di una Londra vittoriana, mentre la neve scende dal cielo, cristallina. Poi più giù, tra le case del quartiere, canti natalizi, slittini, bambini urlanti e uomini d’affari incappottati. Fino a toccare terra, entrando da quella porta, in un attimo dentro la storia.
Così Robert Zemeckis penetra tra le pagine di A Christmas Carol, il famoso romanzo di Charles Dickens, ne assorbe l’essenza, ne cattura la magia, il mistero. Non più inchiostro per disegnare personaggi e situazioni e l’immaginazione per dare corpo agli uni e alle altre, ma uno schermo sul quale il miracolo della sintesi si compie, una pagina tridimensionale dove le idee acquistano spessore, qui ed ora, dove l’illusione è talmente reale da diventare sogno ad occhi aperti. Un terribile incubo quello che Ebenezer Scrooge si trova ad affrontare, faccia a faccia con la morte, dopo aver cavalcato le tumultuose onde del passato attraverso un’infanzia dolorosa e fredda, la speranza di una gioventù rischiarata dall’incontro con l’unico amore di una vita, la solitudine di un presente oscuro, a bordo di una straordinaria macchina del tempo, chiamata cinema. E se è nell’essenza stessa di un’arte come quella cinematografica la capacità di travalicare i confini di spazio e tempo a cui l’intera umanità è soggetta, il cinema di Zemeckis non può che essere amplificazione di tale essenza, in perpetuo viaggio, all’inseguimento dei desideri. Desideri che brillano come stelle nella notte, che illuminano l’oscurità sul fondo della coscienza.
Luci e ombre perciò, gomito a gomito, si contendono lo spazio di un’inquadratura; luci sfolgoranti e cupissime ombre si alternano come due facce della stessa medaglia, due volti di uno stesso destino. Luminosissima appare l'aura che avvolge il fantasma del Natale passato, candela che arde dinanzi all’incredulità di un uomo
Tutto accade nello spazio (il)limitato di una notte, che è paradiso onirico nel quale perdersi, territorio sconfinato di coscienza, luogo spaventoso in cui si agitano i fantasmi del rimorso, della colpa, del pentimento. Non uno spazio fisico, ma interiore, nel quale fare i conti con le diverse immagini di sé stessi (i tre spiriti e Scrooge hanno una comune identità, quella di Jim Carrey) sfigurate dal peso delle proprie azioni. La materialità dei corpi e la trasparenza delle immagini (grazie alla tecnica del motion capture), le tinte scure della paura e quelle chiare della redenzione, le profondità dell’anima e la superficie delle cose coincidono nel mondo di meravigliose illusioni di A Christmas Carol di Zemeckis. Alla notte segue il giorno, spettatore commosso di una un’insperata redenzione.
Titolo: id.
Regia: Robert Zemeckis
Interpreti: Jim Carrey, Colin Firth, Christopher Lloyd, Bob Hoskins, Daryl Sabara, Jacquie Barnbrook, Robin Wright Penn, Gary Oldman.
Origine: USA, 2009
Distribuzione: Walt Disney Pictures
Durata: 96'