Abel – Il figlio del vento, di Gerardo Olivares e Otmar Penker

Abel è uno strano ufo filmico venuto da chissà quale epoca passata, un film che con una disarmante semplicità ci vuole raccontare una storia della buonanotte come si faceva una volta

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Il racconto favolistico di formazione, la natura come metafora dell’agire umano, l’amicizia come unica risposta al dolore. Abel – Il figlio del vento è solo questo, la ricerca di archetipi puri in un mondo che sembra averli sepolti sotto la neve: un ragazzo orfano di madre (Lukas) vive sulle montagne con il suo burbero e violento padre; il paesaggio alpino e i suoi tanti animali dominano l’inquadratura; i drammi biblici di una famiglia di aquile culminano con lo scontro tra i piccoli Caino e Abele; l’allontanamento dal nido di quest’ultimo, però, non porta alla morte…ma all’incontro fortuito con Lukas. Inizia qui la strana amicizia che lega un ragazzo solitario e un aquilotto senza più casa che ha bisogno di cure e affetto. Una storia di impossibile vicinanza e di inevitabile crescita, raccontataci da un guardaboschi/narratore (Jean Reno) che attraversa letteralmente il film come una presenza incorporea e paterna.

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jean-reno-manuel-camacho-abel-il-figlio-del-ventoE poi ci sono le montagne. Il progetto nasce in parte con spirito documentaristico, inseguendo un gruppo di aquile per filmarne le abitudini e la quotidianità. E in questo strano ibrido tra riprese documentaristiche (alcune molto belle) e dinamiche familiari abbastanza risapute (forse qualche ridondanza evitabile nel rapporto tra Lukas e il padre Tobias Moretti) il film procede senza troppe ambizioni, ma manifestando comunque una forte onestà di fondo nel target di pubblico prescelto (gli adolescenti) e una fiducia incredibilmente retrò nel racconto (e nel cinema). Il riscatto di due loser, di due non eletti, di due esseri che devono scalare le montagne per vincere nella vita, imparare a volare e poi cacciare. E nel frattempo imparare ad amare. Questo rapporto di profonda fratellanza tra Lukas e l’aquilotto Abel porta a una progressiva inutilità della parola sostituita dai gesti, dalle immagini, dai movimenti che diventano il vero “racconto”. Abel è uno strano ufo filmico venuto da chissà quale epoca passata, un film che con una disarmante semplicità ci vuole raccontare una storia della buonanotte come si faceva una volta.

 

Titolo Originale: The Way of the Eagle
Interpreti: Manuel Camacho, Jean Reno, Eva Kuen, Tobias Moretti
Distribuzione: Adler Entertainment
Durata: 98′
Origine: Australia, 2015

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