"Adam", di Max Mayer

AdamI dolori del giovane Adam, affetto dalla sindrome di Asperger. Ovvero la versione più insipida e stanca del freak da Sundance Film Festival, tratteggiata con mano pesante da uno script e da una regia che bloccano ogni emozione su un palcoscenico dove tutto sembra già artificiosamente stabilito

 

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AdamLei è un’aspirante scrittrice di libri per bambini che si è appena trasferita nell’Upper West Side di Manhattan per guadagnarsi da vivere come maestra elementare e lasciarsi alle spalle una storia finita male. Lui è l’ingegnere elettronico che vive al piano di sotto; ha appena perso il padre, è attraente, gentile e affetto dalla sindrome di Asperger, una forma di autismo non grave ma che gli rende difficile comprendere le reazioni emotive degli altri. Riusciranno Beth e Adam a incontrarsi on the bumpy road to love, facendo convivere l’insicurezza affettiva di lei e la disfunzione socialmente presentabile di lui?

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È già evidente dalle premesse come l’intenzione del regista e sceneggiatore Max Mayer non sia scavare sotto la superficie di un soggetto tanto delicato e complesso, quanto circoscriverlo nei confini striminziti di una banale fantasia romantica: magari Adam non capisce le battute ironiche e soffre di attacchi incontrollati di logorrea, ma è incapace di mentire, sa tutto sulle stelle e s’intenerisce nel sorprendere una colonia di procioni a Central Park. Malgrado la scena in cui Beth legge ai suoi scolari I vestiti nuovi dell’imperatore tenti un parallelismo tra il bambino che grida “Il re è nudo!” e il moderno Candide che addita le nudità dei normali, la possibilità di sperimentare attraverso lo sguardo di Adam un punto di vista diverso sulle nevrosi e le ipocrisie che governano comunemente le relazioni è lasciata rapidamente cadere, a favore di una disinvolta indagine sul se e sul come il simpatico disadattato possa evolversi in professionista affermato e marito affidabile dopo un adeguato training di normalizzazione. Ma ciò in cui evolve Adam, e il film con lui, è di fatto la versione più insipida e stanca del freak da Sundance Film Festival, tratteggiata con mano pesante da uno script e da una regia che bloccano ogni emozione su un palcoscenico dove tutto sembra già artificiosamente stabilito. Il pur talentuoso Hugh Dancy ha un bel da fare con la voce atonica, lo sguardo sfuggente e la postura goffa, ma il risultato appare troppo meticolosamente studiato e dilettantesco allo stesso tempo. Anche gli altri, come il protagonista, si arrabbiano, si commuovono e si eccitano in maniera ostentatamente eloquente e, dove ci sia il rischio di lasciare qualcosa al non detto, interviene il puntuale commento musicale ad accompagnare ogni sfumatura emotiva con l’accordo di piano. “Non sono Forrest Gump!”, esclama a un certo punto Adam. E non potremmo essere più d’accordo.
 
 
 
Regia: Max Mayer
Interpreti: Hugh Dancy, Rose Byrne, Peter Gallagher, Amy Irving, Frankie Faison
Distribuzione: 20th Century Fox
Durata: 99’
Origine: USA, 2009
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