Al confine tra il Buio e la Luce: Sicario, di Denis Villeneuve

Luce e buio. Pazzesco film di Denis Villeneuve che firma qui la sua opera definitiva sui fantasmi della Storia recente “immaginati” dal cinema di genere

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Luce e buio. Pazzesco film di Denis Villeneuve che firma qui la sua opera definitiva sui fantasmi della Storia recente immaginati dal cinema di genere. Questo Sicario ha la potenza espressiva di Kathryn Bigelow unita alla paziente indagine morale di tutto l’ultimo Eastwood; corteggia il western radicale di Tommy Lee Jones e lo fonde ai gorghi ipercinetici di Soderbergh o Greengrass. Iniziamo. Il film è una sorta di controcampo oltre-frontiera del bellissimo incubo Prisoners, dove la “famiglia americana” (e occidentale per estensione) viene letteralmente ingoiata nell’abisso di un’immagine talmente opaca e indefinibile da stordire lo spettatore. La trama, a questo punto, diventa straordinariamente elementare: c’è un cartello della droga da sgominare oltre il confine messicano (lo veniamo a sapere subito dopo l’adrenalinica prima sequenza di azione pura) e si crea una task force tra l’esercito, la Cia e gli agenti dell’Fbi affiancati da un misterioso consulente/sicario (ennesima prova mastodontica per Benicio Del Toro) da innescare solo al momento giusto. Oltre la frontiera.

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La Luce. I carrelli friedkiniani che piombano in plongée dall’alto configurano un male insinuante che sovrasta la sabbia accecante del deserto vicino El Paso, il Texas del western di Peckinpah e del noir impazzito dell’ultimo Counselor scottiano. Un deserto da attraversare, quindi, per l’alice nel paese dell’orrore di un’ottima Emily Blunt e per il cow boy tutto-azione interpretato da Josh Brolin (agente Cia a capo della Task Force) che fischietta motivetti western e tortura i prigionieri per estorcere informazioni. Sicario, allora, diventa un film interamente giocato sul tempo giusto del movimento e sullo spazio vuoto da attraversare. Sulla luce da penetrare faticosamente (ancora un lavoro di imbarazzante bravura per Roger Deakins) arrivando in un oscuro tunnel che unisca l’America del sogno al Messico delle pulsioni primitive e violentissime. Gli archetipi base della cultura occidentale sono sciorinati con magnifica ed efficace semplicità.

Il buio. Dopo Prisoners ed Ememy è ancora una volta nel tunnel (della mente) che i difficili conti con la propria umanità si giocano sino alla fine. Ma il deserto e i cunicoli, l’opacità dell’inquadratura e i caschi a infrarossi dei soldati, le green-light e i “fantasmi” da catturare nella notte, ci immergono subito in un immaginario da Iraq Movies post 11 settembre. Il cinema racconta una storia e ne immagina un’altra, in un cortocircuito di input che configura incredibilmente quella perturbante green zone che la politica estera occidentale ha tracciato nell’ultimo decennio. Dall’Afghanistan all’Iraq, dalla Siria alla Libia. L’unico modo per ristabilire un “ordine”, fa intendere palesemente Josh Brolin, è quello di affrontare il disordine con la violenza e sostituirlo con le sue stesse dinamiche di potere. C’è bisogno di dire altro?

Sicario 2A questo punto serve solo un occhio che ratifichi ufficialmente questo buco-nero e lo riporti a nuova luce: Emily Blunt è assoldata per questo, è solo una testimone (proprio come Jessica Chastain in Zero Dark Thirty) che cerca di dare forma alla verità (“cosa devo scrivere nel rapporto?”, “La vertà”…) ma si ritrova invischiata nell’impossibilità ormai endemica di distinguere qualsivoglia frontiera fisica o etica.

Insomma qui non si tratta di raccontare per l’ennesima volta la guerra in casa, le distorsioni del potere corrotto, il dramma della gestione degli immigrati o l’ambigua lotta ai cartelli della droga. Sarebbe troppo banale e non è (solo) questa “ovvia” denuncia che interessa a Villeneuve. Qui, piuttosto, è lo sfumato confine – quante volte viene ripetuta, ossessivamente, questa parola? – tra la luce di Emily Blunt (con i suoi occhi ben aperti a cercare disperatamente di interpretare i fenomeni) e il buio di Benicio del Toro (inquadrato come un disilluso Kurz dei nostri tempi, sempre “al di là del bene e del male”…) che questo grande cineasta canadese cerca in tutti i modi di far balenare nel Cinema. Due polarità universali e urgentissime che si corteggiano sensualmente e poi si sparano senza pietà, si ri-conoscono immediatamente e poi si allontanano senza un fiato, si minacciano in ogni sguardo e poi si “lasciano vivere” sino al prossimo tunnel. Impressionante lucidità.

Titolo originale: id.
Regia: Denis Villeneuve
Interpreti: Emily Blunt, Benicio Del Toro, Josh Brolin, Jon Bernthal, Jeffrey Donovan
Distribuzione: 01 Distribution
Origine: Usa, 2015
Durata: 121′

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