Al confine tra vita e rinascita: solitudine e perdita del corpo in All is lost

 

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All is lost_Redford
Ed è subito pericolo: una falla si apre, l'oceano invade l'imbarcazione, il suo capitano si sveglia. Chi è l'esperto navigatore che sopperisce alle difficoltà del fato apportando di volta in volta una soluzione? Non ci è dato conoscerlo, sappiamo solo che si trova in un punto dell'Oceano Indiano.

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E' ancora a bordo della sua Virginia Jean, unica e fedele compagna di viaggio, quando avviene la perdita di gravità. La barca si ribalta su se stessa in un vortice centripeto che sconvolge l'equilibrio: l'uomo è costretto a barcamenarsi nello spazio claustrofobico di una cabina. Nonostante il movimento di giostra a cui ha partecipato, l'uomo è ancora capace di rialzarsi e ritrovare l'equilibrio fisico e mentale. La razionalità prevale sull'ansia di non riuscire ad andare avanti.

 

L'uomo affronta la tempesta con determinazione. Si distacca dalla sua compagna, l'unico modo per sopravvivere è l'autoaffermazione. Vi ritorna, raccoglie il necessario per il proprio sostentamento e allontanandosi le porge il suo sguardo: osserva la sua Virginia per l'ultima volta, mentre affonda inghiottita dalle profondità marine. 

All is lost_Redford Robert

 

Ora un gommone senza nome è la sua casa, i suoi utensili la sua speranza. Cartine geografiche e telescopio per ritrovare la rotta, ma anche un quaderno dove poter scrivere. Prima è stato impossibile utilizzare la radio, poi saranno inutili i razzi segnaletici per manifestare la sua posizione, l'unico strumento per comunicare con gli altri esseri umani è la scrittura. Decide di scrivere, di chiedere perdono, di lasciare un messaggio al mondo e rinchiuderlo in un barattolo, la corrente marina lo trasporterà.

 

Aria e acqua si confondono all'orizzonte. Nessuna traccia terrestre, la presenza umana è sostituita da quella animale: esseri marini sono l'unica forma di vita presente accanto all'uomo.

 

La quiete dopo la tempesta. La pace del silenzio si alterna incessantemente al caos, onnipresente è il vociferare fragoroso delle onde che accompagna il respiro affannoso dell'uomo: insieme scandiscono le sue paure, tenute a bada con coraggio ed esperienza.

 

L'acqua non conosce ostacoli. Si insinua nell'imbarcazione. Prima ne sono ricoperti i soli piedi, poi metà corpo fino alla vita, infine l'uomo è costretto a nuotare, a divenire uno dei tanti esseri marini che  si barcamenano seguendo il ritmo delle onde. L'acqua invade a poco a poco lo spazio vitale dell'uomo fino ad inghiottirlo. Il suo corpo si perde, martoriato dalle ferite, dalla fame, dalla sete. Sfinito dall'estrema solitudine, l'uomo lascia che il corpo affondi, ma l'anima apre gli occhi e riemerge per essere condotta a nuova vita. Con la perdita del corpo, l'anima può salvarsi, approdando in un candido spazio ultraterreno. Come il neonato si dà alla vita fuoriuscendo dal liquido amniotico, così l'anima dell'uomo rinasce a nuova vita sganciandosi dalle acque del mondo per giungere nell'aldilà. E' salvo! Amen.

 

 

L'inizio della peripezia:

 

 

 

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