Alien, di Ridley Scott

Con "Alien", oggi rieditato in una versione più lunga di circa 4 minuti, Ridley Scott ci avvertiva circa i rischi delle esplorazioni spaziali all'insegna di un'utopia capovolta, e adottava il maggior grado di fotorealismo per ottenere una verosimiglianza situazionale ed un'efficacia spettacolare senza precedenti.

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Ci troviamo spazio. Una lunga inquadratura ci mostra l’interno silenzioso di un’astronave. Le prime immagini di Alien, il film di Ridley Scott del 1979, introducono sin da subito il tono rappresentativo del film: Alien descrive in maniera fredda e funerea un futuro in cui gli uomini sono in fuga dai virus che hanno contaminato il pianeta, ovvero dagli incubi che lo spettatore pensa di lasciare a casa rinserrandosi nel tranquillizzante buio di una sala cinematografica, e Scott recupera la lezione di 2001: Odissea nello spazio con i suoi toni freddi, con la sua disturbande e profonda solitudine. Alien è un film che descrive, osserva impietosamente, registra i dati di un futuro non ancora del tutto piegato alle esigenze del cinema avventuroso e patinato. La regia di Scott, nel 1979, era al servizio di una planimetria tetra e claustrofobica. Pur mostrando evidenti affinità con pellicole come Terrore nello spazio (1965) di Mario Bava o Il mostro dell’astronave (1958) di Edward L. Cahn, il film di Scott, con i suoi corridoi tenebrosi e i lunghi silenzi interrotti improvvisamente solo dalle apparizioni dal mostro, rimane per le nuove generazioni un classico del cinema fantastico, di cui pochi ricordano gli echi hawksiani (ci riferiamo ovviamente al classico La cosa venuta da un altro mondo del 1951). Alien, un film di grande impatto senso-spettacolare, capace di immergere lo spettatore in una inquietante fotografia del futuro prossimo. La nuova edizione del film, rimasterizzata in digitale, permette a Scott di accenutare ancora di più l’elemento di realismo a cui aveva guardato durante la realizzazione della pellicola. Dopo tutto, l’atmosfera da caserma che si respira nell’astonave Nostromo di Alien, poteva, agli spettatori del 1979, sembrare davvero più realistica degli ambienti fantasy di Guerre stellari, in quegli anni la saga per eccellenza della moderna fantascienza cinematografica. Dove George Lucas, il regista di Guerre stellari, guardava al disegno di mondi sempre diversi e possibili, quasi un novello Salgari degli spazi interstellari avvinto dall’idea di rappresentare le popolazioni e le tecnologie in un sogno di divulgazione planetaria, Scott si rivolgeva allo spettatore non ottimista, alle anime rese febbricitanti dai pericoli del contagio. Alien ci avvertiva circa i rischi delle esplorazioni spaziali all’insegna di un’utopia capovolta, e adottava il maggior grado di fotorealismo per ottenere una verosimiglianza situazionale ed un’efficacia spettacolare senza precedenti. Il film di Scott era capace di trasferire nello spazio le analoghe atmosfere che all’inizio degli anni Ottanta ritrovavamo soprattutto nelle vicende incentrate sulle dimore maledette. Con le sue soggettive e le sue lunghe inquadrature, la cui atmosfera gelida e tenebrosa viene accentuata dall’ottima fotografia di Derek Vanlint, la lunga ed inquietante attesa del mostro culmina nella sequenza in cui Kane (John Hurt), misteriosamente inseminato dall’alieno, è costretto ad un shockante parto cesareo senza anestesia, inondando di sangue tutti i presenti e dando corpo e visibilità alla spaventosa creatura. Di qui in avanti, dopo questo parto horrorifico destinato a diventare un “must” per i patiti del gore, la pellicola si riempie di tensione e di azione, diventando una caccia a nascondino con il mostro (disegnato dall’artista surrealista svizzero HR Giger), che eliminerà ad un ad uno i membri dell’equipaggio. La versione di Alien approntata per il 2003, oltre ad essere una sicura operazione di marketing prima dell’annunciato Alien vs Predator, permette a Ridley Scott di riaffermare la paternità del suo progetto cinematografico, dopo tre sequel passati a registi diversi. Scott, dopo avere messo mano ad un enorme quantitativo di girato non montato, ha preparato un’edizione che dura poco più di quattro minuti in più rispetto all’originale. Le maggiori aggiunte sono rinvenibili soprattutto nella seconda parte, dove abbiamo una inedita inquadratura a piombo che immortala l’alieno, appeso in aria, che scruta la futura vittima Brett (Harry Dean Stanton). Ci sono più dettagli del nido degli alieni ma c’è anche il ritrovamento, da parte di Ripley, dei resti dell’alieno e di Dallas (Tom Skerritt). Infine è stato aggiunto un intero scontro fisico tra Lambert (Veronica Cartwright) e Ripley. Alcune aggiunte sono sostanzialmente minime, giusto per rinfrescare un film il cui particolare fascino era nelle attese e nei “fuori campo”. Ma per fortuna queste aggiunte non intaccano l’autonomia della pellicola. Sicuramente una delle migliori tra quelle realizzate da Scott. Un film efficace ed inquietante, certamente spettacolare, ma non patinato come altri suoi film a venire. Un film capostipite anche nei confronti di future eroine del cinema d’azione, di cui il personaggio di Ripley è stato un modello per gli anni Ottanta e Novanta.

 

Titolo originale: Alien

 

Regia: Ridley Scott

 

Sceneggiatura: Dan O’Bannon

 

Fotografia: Derek Vanlint

 

Montaggio: Terry Rawlings, Peter Weatherley

 

Musica: Jerry Goldsmith

 

Scenografia: Michael Seymour

 

Costumi: John Mollo

 

Interpreti: Sigourney Weaver (Ripley), Tom Skerritt (Dallas), Veronica Cartwright (Lambert), Harry Dean Stanton (Brett), John Hurt (Kane), Ian Holm (Ash), Yaphet Kotto (Parker), Bolaji Badejo (Alien)

 

Produzione: Gordon Carroll, David Giler, Walter Hill

 

Distribuzione: Twentieth Century Fox

 

Durata: 116′

 

Origine: Usa/Gran Bretagna, 1979

 

 

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