"Alien vs. Predator", di Paul W.S. Anderson

L'incontro/scontro fra le due celebri icone del moderno cinema fanta-horror si snoda sotto lo sguardo incolore e asettico del regista inglese, il cui cinema è costruito su stilemi derivativi, dove ogni sequenza esiste in virtù del proprio fare riferimento a momenti precisi di un immaginario preesistente

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Lo sbaglio nel quale non bisogna incorrere è quello di attendersi un film che riproponga la freschezza e il duro impatto dei capostipiti, l'Alien di Ridley Scott (ma anche il prezioso sequel di James Cameron) e il Predator di John McTiernan: dai tempi di Frankenstein contro l'uomo lupo, la storia del cinema ci ha infatti insegnato come i cross-over siano versioni degradate di più nobili modelli, una sorta di (legittima) operazione di marketing dove l'accumulo di personaggi compensa la stanchezza della formula. Ma certamente è corretto attendersi che il risultato finale cerchi una mediazione fra gli aspetti precipui delle saghe prese in esame, e che il regista sappia plasmare il tutto con una visione personale, come è accaduto con il Ronny Yu di Freddy vs Jason.

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Il cinema di Paul W.S. Anderson sembra però abbastanza refrattario a doti di questo tipo e infatti il suo film risulta nulla più che un'operazione costruita su stilemi derivativi, dove ogni sequenza esiste in virtù del proprio fare riferimento a momenti precisi di un immaginario preesistente (sia l'Indiana Jones spielberghiano o la commisione storico/fantascientifica di Stargate). Né possiamo cercare nella svogliata esibizione cinefila di Alien vs. Predator quel geniale manierismo che fa grande un Tarantino, oppure quella cifra sgangherata e libera che rendeva irresistibili i duelli fra Godzilla e King Kong e che, più di recente, ha reso quantomeno divertente il sequel di Resident Evil.


E' un peccato perché l'operazione partiva da presupposti interessanti nel cercare una mediazione fra l'afflato primordiale che connota le imprese dei Predator e quel senso di disagio, che evoca sensazioni viscerali e vischiose, tipico della saga degli Alien. Il che equivaleva a cercare il punto di equilibrio fra la brutalità primitiva e il terrore atavico, entrambe caratteristiche purissime che rimandano alle pulsioni più nascoste dell'essere umano. La crasi si realizza in maniera interessante soprattutto nel finale, quando la tensione combattente, propria dei cacciatori spaziali, viene riscritta nel segno del femminismo guerriero di Alien (l'esploratrice Lex Woods come novella Ellen Ripley). Tutto questo, però, non basta a coprire le deficienze di un film che, come per gli zombi del primo Resident Evil, utilizza le icone in maniera asettica e decontestualizzata rispetto alle sensazioni che pure le stesse creature vorrebbero continuare ad evocare. Il risultato ha il sapore di un incolore cartoon, visivamente "corretto" e poco stimolante, nonostante i precisi riferimenti alle saghe originarie, con ralenti inadeguati che spogliano lo scontro di qualsiasi fisicità e risvolto epico. E', ancora una volta, una questione di autorialità, di cui Anderson difetta, anche in un film di mera evasione come questo.


 


Titolo originale: Alien vs. Predator


Regia: Paul W.S. Anderson


Sceneggiatura: Paul W.S.Anderson


Interpreti: Raoul Bova, Sanaa Lathan, Lance Henriksen, Ewen Bremner


Distribuzione: Twentieth Century Fox


Durata: 101'


Origine: Usa, 2004

 

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