Alla ricerca di Vivian Maier: la bambinaia, street-photographer dell’American Lifestyle

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Dopo aver intrigato il pubblico della Berlinale 2014 e del Miami Film Festival 2014 il film documentario Finding Vivian Maier arriverà nelle sale italiane, con il titolo Alla ricerca di Vivian Maier, dal 17 aprile, ma già dal 14 in tour in molte città, distribuito da Feltrinelli Real Cinema.

Ma chi era l’anonima Vivian Maier?

Nata a New York da famiglia apolide, madre francese, padre austriaco, l’infanzia trascorsa in Francia è seguita dal ritorno negli Stati Uniti e dagli incarichi da tata tra New York e Chicago. Affianca alla normalità una vita parallela, tenuta appositamente taciuta come un segreto inconfessabile, quella da street photographer con a tracolla la compagna Rolleiflex.

Il film nasce a seguito di una scoperta che porta alla luce la figura sfuggente della Maier

Lo street-photographer John Maloof scova, in una piccola Casa d’Aste di Chicago, una scatola con più 100.000 negativi (finiti all’asta per pagare un debito), circa 700 rullini mai sviluppati, con pellicole da 8 a 16 millimetri che riesce ad ottenere per 380 dollari.

I media mondiali lanciano imperterriti una notizia: la storia della fotografia sta per essere riscritta e le stampe della Maier iniziano ad essere esposte, postume, nelle più importanti gallerie d’arte del pianeta con mostre che si susseguono, ad un ritmo frenetico, tra New York, Los Angeles, Londra e Chicago fino in Italia, e che riscontrano un appeal notevole tra il pubblico. Alcune foto sono state acquistate anche da Tim Roth il quale dichiara: “ce n’è una che ho comprato e che amo particolarmente, ha una composizione particolare per questo mi piace”.

Poi arrivano i volumi-tentativi di racchiudere tutto il lavoro della fotografa da Vivian Maier: Street Photographer alla raccolta di Self – Portraits in bianco e nero e a colori, pubblicate da powerHouse Books, il blog e i social a lei dedicati.

Alla ricerca di Vivian Maier si sforza di far emergere la vera natura di questa donna attraverso gli occhi degli altri, coloro che l’hanno conosciuta e/o incontrata.

Dicono di lei: era incredibilmente solitaria. Qualcun altro: non era una persona aperta, era molto chiusa. Nessuna delle persone lungo il suo percorso ha mai saputo cosa facesse realmente. Conosciuta come bambinaia, presso le famiglie in cui si recava, cercava e imponeva particolari parametri perchè il proprio spazio vitale non venisse valicato. Una donna ricorda: una delle prime cose che mi chiese fu di mettere una serratura. Disse non aprite mai quella porta. Altri aggiungono: non immaginavamo fosse così creativa. I suoi bambini, oggi adulti, ricordano: ci portava a passeggiare nei quartieri peggiori della città. Credo le piacesse. Forse non la capivamo. Uno specialista sostiene: sto scoprendo un’artista, se lasciassi qualsiasi strada intentata, sarebbe un errore. Chi l’ha scoperta profondamente: ovviamente odierebbe tutto questo, non l’avrebbe mai permesso.

Comportamenti compulsivi, collezionista, spia, Miss V. Smith?

Forse non lo sapremo mai ma bisognerebbe tentare di avvicinarsi all’obbiettivo della sua Rolleiflex per provare a capire l’esigenza più vera che ha mosso Vivian Maier nella ricerca continua di volti e persone: non si limitava a fotografare, voleva scoprire quanto ci si può avvicinare al volto di qualcuno. Questo mi dice molto di lei. Riusciva a generare questo ‘istante’… e poi se n’è andata.

Il trip documentale è messo insieme, sceneggiato e diretto da John Maloof, con l’aiuto di Charlie Siskel, della Ravine Pictures e i fondi raccolti da Kickstarter.

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