Amore, cucina e curry, di Lasse Hallström

manish dayal in the hundred-foot journey
Dal romanzo di Richard C. Morais una festa per gli occhi e per il gusto, in un cinema che è un fiume in piena, con i voli speculari a Baz Luhrmann e una tensione tra il provino musical di Flashdance e il film sportivo combinati con il felice delirio della scrittura di Steven Knight. Cosi' meravigliosamente banale che riempie ancora di magia l'opera del cineasta svedese

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manish dayal in the hundred-foot journeyLasse Hallström non fa un film uguale all'altro. Anzi, puo' sembrare che si adatti ogni volta ambientazione e cast davanti alla storia che ha davanti. E magari è pure vero. Un altro romanzo segna il percorso del cineasta svedese, in questo caso quello omonimo  di Richard C. Morais per questo melodramma pieno di odori e sapori, in cui la struttura tipica del 'Sogno americano' viene trasferito negli spazi dell'Europa, in questo caso un piccolo villaggio del sud della Francia, Saint Antonin Noble Val. Qui si trasferisce Assam dall'India con tutta la sua famiglia. Il padre decide di aprire un ristorante indiano proprio difronte al prestigioso ristorante francese di Madame Mallory, in attesa della seconda stella dalla guida Michelin. La donna vede questa nuova attività come una minaccia ma poi inizierà gradualmente ad apprezzare le doti di Hassan come cuoco.

Hallström ferma il tempo, rompe gli argini geografici, atrraversa gli spazi come rincorre i generi, elimina le coordinate temporali; il film potrebbe svolgersi negli anni '50 come ai giorni nostri. Tracce di commedia sentimentale, avventura (l'auto che non riesce a fermarsi perché si sono rotti i freni), e continui bagliori: le luci della Maison Mumbai nel giorno dell'apertura, il cielo stellato, i fuochi d'artificio. E ancora una volta i tempi dell'attesa del mélo (come nell'ottimo Hachiko e nell'irrisolto Dear John), il riciclaggio del set (la Francia di Chocolat), le dinamiche familiari (Qualcosa di cui…sparlare) si fondono in un cinema che scorre come un fiume in piena
, che si riempie di suoni, luci e odori, che mostra uno scontro di cultura attraverso diverse tipologie di cucine (la tradizione indiana, la classicità francese, la modernità), che è una continua festa cromatica, anche in quel blu ghiaccio circondato dai vetri del prestigioso ristorante parigino. Nei suoi voli improvvisi, nelle sua meravigliosa falsità, in un artificio continuamente dichiarato, Amore, Cucina e Curry sembra diventare speculare al cinema di Baz Luhrmann. Dove cio' che si vede, gli stessi personaggi e i luoghi, possono essere di cartapesta. Il momento in cui Madame Mallory, con la regalità di Helen Mirren, è inquadrata da dietro mentre assaggia l'omelette preparata da Hassan, ha la tensione musical del provino di Jennifer Beals in Flashdance di Lyne mescolata con quella di un film sportivo. C'è anche il felice delirio della scrittura di Steven Knight (il regista di Locke e lo sceneggiatore di La promessa dell'assassino) dove stavolta nel viaggio in India e ritorno c'è una spinta emotiva che è stata cercata e clamorosamente lisciata in tutto The Millionaire di Danny Boyle. Una festa per gli occhi e per il palato. Cosi' semplice, cosi' banale che riempie ancora di magia il cinema di Hallström.

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Titolo originale: The Hundred-Foot Journey
Regia: Lasse Hällstrom
Interpreti: Helen Mirren, Om Puri, Manish Dayal, Charlotte Lebon, Amit Shah
Origine: USA, 2013
Durata: 122'
Distribuzione: Universal Pictures 

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