Argo, di Ben Affleck

Come un tardo Fred Zinnemann od Otto Preminger o un John Schlesinger anni ’70. Senza troppi giri di parole Affleck realizza il suo capolavoro come regista

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Ritornare agli anni ’70, rivivendoli come se si fosse lì in quel momento mentre li si sta ricreando e filmando, è un privilegio di pochi. Sono rari gli esempi nel cinema statunitense a cui è riuscita questa impresa. Tra gli esempi recenti ci sono Munich di Steven Spielberg, American Gangster di Ridley Scott e Milk di Gus Van Sant, questi ultimi due con a fotografia del grande Harris Savides. Ed anche Argo, dall’articolo How the CIA Used a Fake Sci-Fi Flick to Rescue American from Tehran di Joshuah Bearman apparso sul numero di “Wired” di aprile 2007, si aggiunge a questa lista di eletti.

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Non è solo la potenza e la velocità di un thriller politico d’altri tempi. Con lo sguardo di Ben Affleck quasi come un tardo Fred Zinnemann od Otto Preminger, o un John Schlesinger di quel decennio. Ma è proprio una maliconia che si respira per il desiderio folle e impossibile (lo stesso di Sal di James Franco) di poter essere lì allora quando quelle vicende sono ambientate e, ovviamente, lo scarto di non poterci essere. Il lavoro di Rodrigo Prieto certamente è immenso, trasporta lì dentro, in quei fatti realmente accaduti a Teheran quando il 4 novembre del 1979 durante la rivoluzione iraniana un gruppo di militanti entra nell’ambasciata statunitense portando via 52 ostaggi. Sei di loro riescono a fuggire trovando riparo nell’abitazione dell’Ambasciatore del Canada. sapendo che si tratta di una sistemazione provvisoria che non gli garantisce la sicurezza, il governo americano e quello canadese chiedono l’intervento della CIA che si rivolge al suo uomo migliore in azioni d’infiltrazione: Tony Mendez. L’uomo escogita così un piano inverosimile, che potrebbe accadere solo in un film, per consentire ai sei di lasciare il paese.

Tutti i colori del decennio. Quelli di Prieto comunicati dallo sguardo di Affleck. Come in simbiosi. Argo non è solo un thriller. E’ un documentario, un film nel film, una rievocazione nostalgica che rimpiange appena la perdita di un cinema che non c’è più (“John Wayne se ne è andato da sei mesi e questo è quello che resta dell’America”) e con gli Studios dove ci sono Alan Arkin e John Goodman, tra la decadenza di uno dei più bei film di Robert Altman, I protagonisti e l’illusione di un cinema che non c’è ancora ma già pensato per stupire di Matinée di Joe Dante.

Innanzitutto in Argo si parte dal vero e si ritorna al vero. Dalle immagini della storia dello Scià Mohammad Reza Pahlavi in apertura, alle foto in chiusura in cui tornano non solo i volti dei veri personaggi protagonisti della vicenda ma anche di fatti accaduti come l’uomo impiccato ad una gru. La cosa strepitosa è come Affleck in Argo riesca a raccontare una vicenda vera come se fosse finta e, contemporaneamente, a far precipitare dentro un vortice di tensione senza un attimo di tregua. Basta vedere il bellissimo momento della lettura del copione del finto film mentre scorrono le immagini in tv. Tutti i segni dove la fuga è un impresa impossibile, dove la maschera cinematografica appena costruita rischia di sfaldarsi da un momento all’altro e di non reggere l’urto. E oltre quegli iniziali piano-sequenza nervosi nell’ambasciata, che annuncia quasi quella vibrazione di un persistente terremoto sensoriale che contagia per tutto il film, basta vedere la scena dei sei nel mercato con Tony Mendez, che fingono di essere la finta troupe ma camminano con la paura addosso, per vedere che razza di regista è oggi Ben Affleck. la scena al mercato in ArgoQualche maligno dirà che è meglio come cineasta che come attore. Ma a noi ci interessa vedere soltanto la sua splendida prova con l’interpretazione di Tony Mendez, barba lunga, poche parole, e quel tarlo addosso della ricerca e della mancanza/distanza col figlio.

Già Gone Baby Gone era un ottimo esordio. Con The Town si è superato e ora con Argo è riuscito incredibilmente a fare ancora meglio. Solo Clint Eastwood fa a gara ogni volta a superare se stesso. E stavolta non giriamoci troppo attorno: Argo è un capolavoro. Basta vedere tutta la parte all’aereoporto. Sembra di stare lì e si soffre, si spera, ci si scoraggia e si esulta. E’ un film ma sembra di stare allo stadio. Che straordinario regista è oggi Ben Affleck. Che si permette anche di fare ironia dicendo “perfino una scimmia impara a fare il regista in un giorno”. “Argo vaffanculo!”.

 

  • 3 Premi Oscar
  • miglior film
  • miglior sceneggiatura non originale (Chris Terrio)
  • miglior montaggio (William Goldenberg)

 

Titolo originale: id.
Regia: Ben Affleck
Interpreti: Ben Affleck, Bryan Cranston, Alan Arkin, John Goodman, Victor Garber, Tate Donovan
Distribuzione: Warner Bros. Pictures
Durata: 120′
Origine: USA, 2012

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4.33 (6 voti)
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