Armageddon – Giudizio finale, di Michael Bay
Oltrecinema, che commuove senza possibilità di critica. Rispolveriamo dall’edizione cartacea la recensione del film di Michael Bay che per noi è stata una folgorazione. Stasera, ore 21.15, Sky Hits
Armageddon di Michael Bay (giunto al suo terzo fim dopo Bad Boys e The Rock) è il primitivismo cinematografico USA cristallizzato al grado zero della propria vocazione universalistica. Inutile lamentare retorica e ipetrofia spettacolare spinta all’autocombustione: in Armageddon l’idea di ‘entertainment’ da shopping mall (o da multiplex) subisce una tale accelerazione da sconfinare nel lirismo più spericolato. Inutile pure appellarsi al magistero hawksiano e/o all’etica aldrichiana. È l’assenza di sguardo a fare la differenza. Verhoeven con Starship Troopers si muoveva nella medesima direzione, ma l’evidenza di un progetto politoco della messinscena, ne annullava l’estasi mitopoietica producendo un inquietante congelamento segnico. Armageddon è l’oltrecinema. Oltre il secondo grado, la ricerca del realismo a tutti i costi (nemesi di un apparato spettacolare sempre più celibe…), ci restituisce (senza speranza di redenzione) il vuoto ergendolo a ragione profonda del suo essere cinema.
Amore, morte e rinascita. Lo schema base di qualsiasi racconto iniziatico è molto più che rispettato. La verità di Armageddon si nutre della falsità dei suoi segni. Ma a differenza di Deep Impact, dove si tenta di fondare un orizzonte sentimentale e psicologico credibile mutuandolo dalle soap, Armageddon vive la sua inautenticità come deriva ultima (necessaria?) di un cinema che crede (?) stoicamente alla verosimiglianza pur essendo privo di qualsiasi referente: controcampo. Vivendo fino in fondo la propria falsità, Armageddon brilla di una ingenuità iconica che commuove senza possibilità di…critica.
Titolo originale: id.
Regia: Michael Bay
Interpreti: Bruce Willis, Ben Affleck, Liv Tyler, Billy Bob Thornton, Will Patton, Steve Buscemi, William Fichtner, Peter Stormare, Owen Wilson, Michael Clarke Duncan
Durata: 150′
Origine: Usa 1998
Da Sentieri Selvaggi n. 6, ottobre 1998, p. 49