Ascensore per il patibolo, di Louis Malle

Da oggi in sala, nella versione restaurata dalla Cineteca di Bologna, il film d’esordio del cineasta francese segnato dallo sguardo perduto di Jeanne Moreau e la tromba malinconica di Miles Davis

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Ogni volta mi si chiede cosa penso del cinema politico, rispondo che non so cosa sia. Credo che i film che hanno davvero una autentica importanza politica sono quelli che non si proclamano politici. Non sono i film di tipo militante, il cui unico scopo è confermare una posizione già acquisita, una retorica già esistente. Al contrario sono politici i film che scuotono, che turbano, che obbligano alla riflessione.” Louis Malle

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Gli occhi di Jeanne Moreau come quelli di Bette Davis, sensuali, magnetici, ipnotizzanti. Ascensore per il patibolo si apre su uno sguardo accompagnato dalle note improvvisate di Miles Davis, come se il flusso di coscienza si diramasse nei mille percorsi delle variazioni jazzistiche. Il segreto e la magia di questo film risiedono proprio nel perfetto connubio tra tempo musicale e tempo interiore, nel contrasto tra luoghi chiusi (la cabina telefonica, l’ascensore, gli uffici, il commissariato, la camera oscura) e spazi aperti (le passeggiate sugli Champs-Élysées, le folli corse in autostrada, i paesaggi notturni, le visioni di Parigi dall’alto, il motel nella periferia).

maurice ronet ascensore per l'infernoLouis Malle, appena venticinquenne, prende spunto dal noir americano con innesti europei (Hitchcock e Lang) e dalle influenze di Bresson, ma se ne discosta quasi subito citando il cinema di Visconti (Ossessione) e di Antonioni (Cronaca di un amore). L’intreccio “polar” è solo un pretesto per mostrare due solitudini che non si incontrano: Florence (Jeanne Moreau) è una moglie infelice che scopre nell’innamoramento una possibilità di rinascita; Julien (Maurice Ronet) è un ex capitano della guerra di Indocina con un grande avvenire dietro le spalle.

La storia degli amanti diabolici scritta da Noël Calef è ispirata da Il postino suona sempre due volte di James Cain: anche qui è il caso a governare tre quarti degli avvenimenti umani con una reazione a catena che costringe alla resa i due protagonisti. Malle ipertrofizza il personaggio femminile e lo disegna sulla icona esistenzialista della Moreau: tutte le scene che la vedono protagonista sembrano trasudare di una muta disperazione, di una tragica fatalità che ricorda la letteratura russa (Cechov è tra gli autori di riferimento). Sin dalla opera prima il cinema di Louis Malle risulta difficilmente inquadrabile, allontanandosi formalmente dai canoni della nascente Nouvelle Vague: al montaggio frammentato e alle tematiche politico sociali, il regista francese preferisce i lunghi piano-sequenza con la macchina da presa incollata alla peripatetica Florence. Indimenticabile la scena sugli Champs-Élysées in cui la inutile ricerca dell’amante viene accompagnata dalla tromba malinconica di Miles Davis: il suono crea un mood decadente in cui la sofferenza di un singolo individuo sembra permeare gli ambienti circostanti. Florence, quasi sonnambula, in piena trance emotiva, entra dentro un bar, crede di avere visto Julien, fa domande agli avventori: con un movimento morbido e rispettoso la macchina da presa si sposta verso l’alto e la segue fino a quando incontra la propria immagine riflessa allo specchio. Sta perdendo l’amore e comincia a perdere sé stessa, la propria identità.

ascensore per l'infernoLouis Malle stressa il concetto del riconoscimento identitario anche nelle figure secondarie come la fioraia e il suo ragazzo che riproducono il destino sfortunato di Florence e Juliene. Questi ragazzi rappresentano il prototipo di adolescente inquieto e disperso che caratterizzerà buona parte della successiva filmografia di Malle. Il loro tentativo di suicidio ne rivela la aspirazione acerba a divenire eroi romantici. La impacciata violenza rimane fuoricampo ma non per questo è meno disturbante, esaltata dalla fotografia del mago Henri Decaë. La stessa composizione della luce degli interni porta alcuni personaggi ad emergere letteralmente dal buio come nel momento dell’interrogatorio o nella scena claustrofobica del tentativo di evasione dalla trappola dell’ascensore. Proprio qui la tensione è moltiplicata dall’effetto tachicardico dell’assolo di batteria che accompagna i pericolosi equilibrismi di Julien nel vuoto. Louis Malle pone al centro della indagine l’uomo con la sua solitudine e fragilità, impotente di fronte al destino beffardo. Jeanne Moreau entra nella storia del cinema con il suo sguardo perduto, il futuro ormai abbandonato alle proprie spalle, colto per un istante con la coda dell’occhio. Dai negativi emerge una fotografia a fissare per sempre un momento di complicità: poi ritorna il tragico del quotidiano e non resta che portare addosso il lutto per la propria vita.

Titolo originale: Ascenseur pour l’échafaud

Regia: Louis Malle

Interpreti: Jeanne Moreau, Maurice Ronet, Georges Poujouly, Yori Bertin, Lino Ventura

Distribuzione: Il Cinema Ritrovato – Cineteca di Bologna

Durata: 88′

Origine: Francia 1958

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