Aspromonte – La terra degli ultimi. Incontro con Mimmo Calopresti e il cast

Mimmo Calopresti racconta la storia di un paesino calabrese degli anni ’50 che iniziò a costruirsi da solo la strada verso il progresso. Una favola che si lega all’attualità del mondo degli ultimi

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L’elegante cornice del cinema Barberini di Roma ha ospitato l’incontro con la stampa per Aspromonte – La terra degli ultimi, nuovo film di Mimmo Calopresti.  Presenti in sala, oltre al regista e al produttore Fulvio Lucisano, numerosi membri del cast tecnico e artistico, tra i quali Marcello Fonte, Valeria Bruni Tedeschi, Sergio Rubini e la sceneggiatrice Monica Zappelli. E’ stata l’occasione per discutere di numerosi temi emersi dalla visione in anteprima. Il film è ambientato ad Africo, un paesino arroccato nell’Aspromonte calabrese, alla fine degli anni ’50, dove gli abitanti, capeggiati da Peppe (Francesco Colella) e dallo Spaccapietre (Marco Leonardi), decidono di unirsi e costruire loro stessi una strada per far sì che i servizi dell’Italia civile, come un medico e le forze dell’ordine, possano raggiungere l’isolato villaggio. Tutti, compresi i bambini, abbandonano le occupazioni abituali per realizzare l’opera. Ma per il brigante Don Totò (Sergio Rubini, che al riguardo commenta “a me piace interpretare i cattivi, perché non sono capace di essere cattivo nella vita – recitare, come la psicanalisi, è un atto compensativo”), quello che detta la vera legge, Africo non può diventare davvero un paese “connesso”.

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Mimmo Calopresti rimarca da subito l’urgenza del progetto, adattamento del libro di Pietro Criaco “Via dall’Aspromonte”: L’attualità di Aspromonte l’ha fatta la lavorazione del film stesso. Quando con Fulvio [Lucisano] abbiamo iniziato a lavorare a questo film, l’attualità è venuta fuori spontaneamente vedendo quei paesini dell’Aspromonte, gli attori del luogo. Se il film è vivo, la sua vita la vive direttamente quando lo si gira. Anche oggi, penso per esempio agli operai dell’Ilva, quelli sono gli ultimi, quelli che non hanno la possibilità di vincere, di scegliere, di esistere.

Poi nel film c’è un altro film. Fulvio Lucisano, che appare anche in un cammeo, ha deciso, all’apice della maturità del suo storico mestiere di produttore, di fare un film che in qualche modo lo riguarda direttamente, ne racconti le origini e la storia familiare. 

Aggiunge Sergio Rubini: Il film è molto attuale e non solo sul Sud. Oggi vediamo una società sempre impegnata a costruire muri. Nel film invece troviamo questi personaggi, apparentemente dei bifolchi, che più di cinquanta anni fa hanno lottato per aprire una strada. Un messaggio importante e molto controcorrente. 

Valeria Bruni Tedeschi racconta il suo personaggio di Giulia, maestrina del Nord giunta nell’isolamento di Africo per insegnare l’italiano, e costruire una strada della mente che viaggi parallela a quella che il paese va allestendo, pietra dopo pietra: Ho lavorato molto sul lato più segreto del mio personaggio. Solitudine e infelicità mi interessano sempre. Un movimento dell’essere umano è quello di dare agli altri per combattere la propria infelicità, cosa che ho fatto anche io.
Interpretare una maestra è stato come tornare a quando da bambina giocavo con mia sorella a fare la maestra, insegnando alle bambole della mia cameretta. Mi sono sentita commossa da questo ritrovarmi nella mia infanzia. Lei è un’eroina positiva perché è convinta che la cultura sia il mezzo che conduce alla libertà.

Sognare è gratis, d’altronde, come ama ripetere Marcello Fonte, nel film Ciccio Italia, il “Poeta” del villaggio: il mio personaggio cerca di dire la verità, come un ubriaco. La gente ha paura di ascoltare se stessa fino in fondo, e quelli che come il mio personaggio dicono la verità vengono sempre etichettati nei paesi come scemi, pazzi o ubriachi. La cultura, la voglia di sapere e di leggere è ciò che lega il mio personaggio a quello di Valeria Bruni Tedeschi.

Aspromonte – La terra degli ultimi è in sala dal prossimo 21 novembre.

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