Bande à part, di Jean-Luc Godard

Torna oggi in sala, distribuito da Movies Inspired, il film di Godard del 1964 citato anche da Bertolucci in The Dreamers. Vi riproponiamo la nostra recensione del 2005

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Eloge de l’amour. Ecco che cos’è il cinema di Jean-Luc Godard, un elogio dell’amore che scivola sulla superficie della pelle e delle immagini, sulla pelle delle immagini, prima di perdersi, di darsi oltre quella superficie e sprofondare/profondere (nel)l’intima (in)visibilità di quelle stesse immagini fatte memoria/materia in un flusso continuo, legato e modulato al/dal sentimento. Immagini che non sono i frammenti di una memoria passante, vis(su)ta en passant, ma di un continuo presente, in cui continuare a vivere. La memoria come (con)vivente esistenza del nostro essere (stati) fuori nel mondo e quindi del nostro esistere. Una memoria che si incarna dentro la (il)limitatezza dello sguardo (dell’animo) e ci restituisce il/al cinema, a quel movimento in divenire che è lo stesso della (nostra) vita, dei (nostri) corpi esposti al tempo o del tempo completamente esposto nell’estensione finita dei (nostri) corpi, in un movimento trasparente tra le immagini (con)segnate dalla/alla fluidità del tempo. La memoria filmica di Godard è metonimica finzione della frammentarietà di sensazioni e temporalità eterogenee, del tracciato a cui i corpi danno vita; visiva e-mozione di un (nostro) romantico voler fuggire/perdersi con/tra le immagini e insieme inesauribile (dis)seminazione del (nostro) desiderio di essere in un altro sguardo e in immagini/luoghi che ci/si trascinano oltre la/nella profondità del fuoricampo che intimamente ci appartiene.

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bande à part anna karina claude brasseur sami freyFrammenti di un cinema lontano dalla complicità di uno sguardo vigile, ma incapace di amare. Uno sguardo (in)consapevole del proprio (non poter non) errare/peccare rispetto alle possibilità della forma (in)finita del filmare e della sua plenitudine. Bande à part, film diretto da Godard nel 1964, è questo inappagabile gioco d’amore tra/con le immagini, le parola dette/lette e (mai) dimenticate, i corpi, i volti, lo spazio inteso come condizione d’esistenza che nasce dall’interno. Quella di Odile/Anna Karina, Arthur/Claude Brasseur e Franz/Sami Frey è una storia d’amore che si (ri)produce in inquadrature del desiderio e il filmare è un gesto che scorre in superficie, sul volto dolce, inquieto e malinconico dei tre amici/amanti, perché il volto è l’anima del corpo; e si cerca/smarrisce nel loro sguardo sempre in fuga. Un film sull’essere figli (del cinema) vicini/lontani a padri tanto amati/odiati (Arthur sogna di morire come Billy the Kid), e che ci dice della singolarità di un cinema che si (con)cede alla (s)compostezza dell’esistere e del suo inesausto (tra)scorrere come ci mostra la bellissima sequenza/corsa della visita dei tre al Louvre, che ci restituisce (s)fuggenti al tempo alla vita alla morte, ad una eternità d(‘)istante dolceamara come il sognare.

Titolo originale: id.

Regia: Jean-Luc Godard

Interpreti: Anna Karina, Claude Brasseur, Sami Frey, Louisa Colpeyne, Danièle Girard

Distribuzione: Movies Inspired

Durata: 95′

Origine: Francia 1964

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