Bellaria Film Festival 2008 – Il presente e la memoria

ghiro ghiro tondoDa anni Gianikian e Ricci Lucchi lavorano sulla memoria e sul corpo delle guerre nella rielaborazione politica e teorica di immagini dal passato da rifilmare e alle quali ridare senso e attualità. Ghiro ghiro tondo è l’altra, la stessa dimensione di quel lavoro. Una collezione di giochi infantili collezionati dalla coppia di artisti e provenienti dalla prima guerra mondiale agli anni Cinquanta. Film come esperienza intima. Come She’s a boy I knew, di Gwen Haworth. VIDEO

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------

ghiro ghiro tondoNon è una prima visione, Ghiro ghiro tondo di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi. Come le altre opere che concorrono al Premio Casa Rossa doc, dieci titoli selezionati fra quelli usciti in sala, tv o festival dal giugno dell’anno scorso. Ma è fra i testi imprescindibili, e non solo del Bellaria Film Festival Anteprima doc 2008, che scortica gli occhi (fino al rifiuto, la proiezione al Palazzo del Turismo è stata un vero e proprio fuggi fuggi), mettendoci di fronte, senza trucchi, la tragedia della guerra, di una qualsiasi guerra, in ogni spazio e tempo. Da anni Gianikian e Ricci Lucchi lavorano sulla memoria e sul corpo delle guerre nella rielaborazione politica e teorica di immagini dal passato da rifilmare e alle quali ridare senso e attualità. Ghiro ghiro tondo è l’altra, la stessa dimensione di quel lavoro. Una collezione di giochi infantili collezionati dalla coppia di artisti e provenienti dalla prima guerra mondiale agli anni Cinquanta. Questa volta Gianikian e Ricci Lucchi non lavorano su immagini di repertorio. Per un’ora – un’ora che è spaziotempo assolutamente espanso – filmano per dettagli e totali un catalogo (e la catalogazione è segno d’identità di tutta la loro opera) di oggetti, toccati dalle mani di Angela e osservati dai suoi occhi e da quelli di Yervant che filmano. Gesti ripetuti eppure sempre nuovi che dicono – senza nessun commento, senza nessuna musica, senza nessuna didascalia che faciliti il percorso nella memoria e nel dolore, ma con un immenso incunearsi nelle immagini del sonoro, dal fuori campo dell’abitazione e della strada, e del silenzio e del rumore del silenzio che batte in quegli oggetti e negli occhi di chi li cerca, osserva, filma – dal punto di vista marginale, che diventa centrale, di quelle bambole, di quei giochi di regime per bambine e bambini delle guerre, ancor più l’orrore, il massacro dei corpi, la morte. Gli occhi vuoti o espressivi, che ci guardano, di una bambola. Le statue coloniali. Quelle scartate dagli involucri che le contengono in scatole-bare (“I corpi spezzati accatastati delle bambole, dei pupazzi, rimandano ad ‘altri’ corpi spezzati gettati accatastati, nelle fosse comuni delle guerre”, scrivono Gianikian e Ricci Lucchi). I bulbi di occhi senza più corpo… In quei giochi ritroviamo, nella sua essenza

--------------------------------------------------------------
THE OTHER SIDE OF GENIUS. IL CINEMA DI ORSON WELLES – LA MONOGRAFIA

--------------------------------------------------------------
She’s a boy I knew preziosa e insostenibile, i corpi, i cadaveri di soldati e animali, la fatica e la lacerazione di donne e uomini con o senza divisa che abitano lo spazio e il tempo di molte altre opere dei due filmakers. E il bulbo di Ghiro ghiro tondo, quel che rimane di un giocattolo, è speculare a quello scavato, esportato dall’occhio del soldato di Oh uomo!.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

Film come esperienza intima. Gesto che definisce anche le opere di Diary and family movies, una delle sezioni che in questi tre anni di direzione Grosoli rivela le migliori sorprese e sguardi che espandono il discorso documentario in una contaminazione espansa e seducente. Come conferma il lungometraggio She’s a boy I knew (2007) di Gwen Haworth. Film di famiglia, interviste ai familiari e alla sua (ex) moglie ora, inserti d’animazione con umorismo, per raccontare una trasformazione da uomo a donna. Quella della filmaker canadese. Steve/Gwen. He/She. Lei/Lui. Ma non nel senso di una schematica contrapposizione eterosessualità/omosessualità. Piuttosto in quello cukoriano di inestricabile convivenza  del maschile e del femminile. In una persona. Nel suo esserci e farsi e modificarsi quotidiano. Nata e cresciuta a Vancouver, Gwen Haworth dal 1996 realizza lavori sperimentali, nell’intreccio di esperienze che trovano forma, passione, riflessione in immagini dove convivono in sovrimpressioni intime il presente e la memoria.

 

 She's a Boy I Knew

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array