Bellaria35 – Più Libero Di Prima (A. Sforzi) e Le Canzoni (G. Rosa)

La seconda giornata di Festival si apre con la vicenda di Tomaso Bruno, poi racconta la storia del piccolo Vincenzo, neomelodico siciliano di 6 anni.

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La giornata di ieri si apre con un documentario in concorso Italia Doc, incentrato su un fatto di cronaca italiana. Più Libero di Prima di Adriano Sforzi orbita attorno alla vicenda di Tomaso Bruno, il ragazzo che nel 2010 venne arrestato in India insieme all’amica Elisabetta Boncompagni, con l’accusa di aver ucciso durante la notte l’amico Francesco Montis. Adriano Sforzi non sembra interessato alla vicenda in sé ma preferisce concentrarsi sulle sue conseguenze. A scandire il tempo filmico è l’attesa, esplicitata dalle date e dal ticchettio dell’orologio. Un’attesa estenuante, quella dei genitori di Tomaso che aspettano il martedì, giorno in cui vengono discusse le cause al tribunale di Varanasi. Ma il caso di Tomaso ed Elisabetta viene sempre rimandato. Sforzi racconta di aver documentato i 4 anni di attesa e i tre giorni precedenti alla sentenza di scarcerazione. Esternamente è un tempo interminabile. Ma la sua interminabilità contrasta con il tempo di Tomaso che dentro le sue quattro mura impara a rivalutare la lentezza, legge libri  e scrive migliaia di lettere poichè la tecnologia è vietata nel carcere.

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Quattro i protagonisti principali: i genitori che attendono fuori, muovendosi fra la piccola Albenga e la caotica Varanasi, le lettere di Tomaso, le splendide animazioni di Olga Tranchini e l’India, paese lontano anni luce dal nostro…la sacralità del Gange, gli animali in tribunale, le strade rumorose e piene di polvere.
Più Libero di Prima è la storia di un ragazzo allo sbando che trova la libertà mentale proprio quando il suo corpo è prigioniero. Il fatto di cronaca sfocia del tutto nel romanzesco, una storia appassionata, un ragazzo incarcerato ingiustamente che riscopre la potenza della lettura, diventa amico di assassini e ladri. Il punto è che siamo davanti a una vicenda reale, piena di dolore e sofferenza. Ma c’è davvero una differenza concreta, soprattutto nel momento in cui si decide di mettere tutto davanti a una macchina da presa? “Ci interessava raccontare la storia di una famiglia, di un amore, della fiducia di due genitori per il figlioSforzi compie un’operazione non da poco. Scova nella storia di Tomaso Bruno il punto magico e poetico del reale, senza mai cadere in facili sentimentalismi. Lo sconfinamento della realtà in un narrazione romantica caratterizza la vita di tutti (di alcuni più che di altri). Con Più Libero Di Prima questo sconfinamento è reso visibile con grazia e senza retorica. Il regista dice al pubblico “Questa è una storia vera che merita di essere raccontata per la sua universalità.” Che poi non è anche quest’ultima a elevare la realtà a romanzo?

vincie

Ancora una volta si passa da fatto di cronaca a storia sconosciuta, persi nelle terre siciliane e nei balconcini tutti uguali dei palazzoni periferici. Giovanni Rosa in concorso con Le canzoni conduce lo spettatore all’interno della casa della famiglia Maniscalco, dove madre e padre vivono il sogno di far diventare il piccolo figlio Vincenzo un cantante neomelodico siciliano. Dimentichi di aver a che fare con un documentario seguiamo la storia dei Maniscalco immergendoci completamente nella loro epopea, la cui struttura narrativa sembra essere scritta e riscritta. Dalla creazione della piccola star fino alla sua ascesa e discesa. Durante l’incontro al regista è stato chiesto quanto c’è di costruito nel suo documentario. “Ho vissuto con la famiglia per 6 mesi e dopo il primo mese ero già diventato trasparente” La passione per il neomelodico gli è nata mentre era a Napoli. “Ogni piano del palazzo in cui abitavo aveva una frequenza musicale diversa. Sono sempre stato attratto dal mondo parallelo del neomelodico

Il regista non esprime un giudizio esplicito, ma cerca di rendere lo spettatore più consapevole delle cause. La dinamica di una star di soli 6 anni, le madri che incitano le figlie a sculettare nel videoclip del piccolo Vincenzo, tutto rimanda a un Paese che ha ricalcolato i parametri del “bello”. Alla base c’è la povertà. Giovanni Rosa la riprende silenziosamente ma arriva comunque come un pugno ben piazzato. Colora ogni scena, dai palazzoni giganti e senza spiragli fino ai vestiti e alla casa dei Maniscalco. Ci si perde in un mondo lontano, che il regista, non a torto, definisce parallelo.
La mamma Liliana piangendo racconta di aver sempre voluto cantare ma di aver avuto un padre che glielo impediva. Nelle lacrime da bambina di questa donna adulta si annida qualcosa. Come se il riconoscimento prima ancora della fama annientasse l’annichilimento e la tristezza di quel mondo a cui sembra totalmente negato un futuro.

La vicenda di Tomaso Bruno conosciuta in tutta Italia, rivela in fin dei conti la storia del cambiamento di un individuo; la seconda incentrata su una famiglia qualunque racconta invece uno spezzone d’Italia, il degrado di un Paese. La bellezza del reale è proprio lì, nel gioco di conosciuto e sconosciuto. Nell’intreccio di universalità e particolarità che il documentario riesce a far emergere.

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