Benvenuti a Marwen, di Robert Zemeckis

Tra live action e stop motion, una nuova e grandiosa fantastica sfida. Tratto da una storia vera, ancora un film profetico e rivoluzionario. Che ha bisogno di occhiali speciali per essere visto.

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Forse ancora un war movie. Dopo la spy-story di Allied si entra nel campo di battaglia. Belgio, Seconda Guerra Mondiale. Il capitano Hogie è circondato dai soldati nazisti. Lui ha le scarpe da donna. Poi viene liberato dalle sue aiutanti che li fanno fuori. Non è vero, ma lo sembra. Del resto pure Polar Express, La leggenda di Beowulf e A Christmas Carol sembravano più veri del reale. Oltre il performing capture.

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Si tratta di un mondo a parte. Fisico e mentale. Isolato. Dove il villaggio belga, Marwencol, è solo un giardino, abitato da  bambole. Benvenuti a Marwen è tratto dalla storia vera di Mark Hogancamp, l’illustratore che è stato pestato brutalmente in un pub a 38 anni quando aveva rivelato in stato di ubriachezza la sua passione per le calzature femminili, una storia che è già stata raccontata nel documentario Marwencol (2010) di Jeff Malmberg. Dopo il trauma subito, che gli ha fatto perdere la memoria, ha costruito un villaggio in miniatura popolandolo con diverse figure che hanno fatto o fanno parte della sua vita. Compresa la vicina di casa da cui è attratto.

Tra live action e stop motion, una nuova, grandiosa, fantastica sfida nel cinema di Zemeckis. Che mantiene, con un miracoloso equilibrio, il gioco e il dramma. Con gli incubi del passato, quasi violenti flash, che esplodono dalla mente di Mark in modo simile a quello che avveniva al senzatetto Parry, incarnato da Robin Williams, in La leggenda del Re Pescatore. Lì il Santo Graal, qui la Seconda Guerra Mondiale. La perdita di memoria come altro salto temporale. Un altro Back to the Future nel cinema di Zemeckis. C’è anche il campanile, che però possiede quasi le vertigini hitchcockiane. Un salto nel vuoto del tempo. Come La donna che visse due volte. E in più, le derive fantastiche/tragiche del cinema di Zemeckis sembrano incrociarsi anche con quelle del miglior Tim Burton; il soggetto del film è infatti dello stesso Zemeckis (anche autore della sceneggiatura) e di Caroline Thompson, la stessa autrice degli script di Edward mani di forbice, Nightmare Before Christmas e La sposa cadavere. Al posto dei teschi, i soldatini, le bambole. E foto che si animano. E aprono altre storie. Altri film. In un mondo gotico e spettrale. Nel buio della mente di un grande Steve Carell, quasi la reincarnazione del Forrest Gump di Zemeckis. Con Wendy/Leslie Mann che sembra irrompere da una fiaba e dà  illusione di essere la principessa con la bacchetta magica. Come Jenny/Robin Wright in Forrest Gump. Con le musiche di Alan Silvestri che sembrano creare un’altra magnifica illusione, quella di una colonna sonora in cui i protagonisti entrano ed escono dal tempo. E, al tempo stesso, un’esistenza virtuale, un ‘ready player one’, fatto di immagini/sogni che a un certo momento si dissolvono. Come le canzoni. Altre illusioni. In una colonna sonora ricchissima che spazia da Stand By Your Man (Tammy Winette) a Just My Imagination (The Temptations) fino a Help Me (Joni Mitchell).

Non siamo nello spazio, ma anche in Benvenuti a Marwen si possono vedere mondi, pianeti sconosciuti. Come in Contact. Come in tutto il cinema di Zemeckis. Non tutti hanno la possibilità di vederli. Ci vuole uno sguardo speciale. Forse anche un po’ strabico. Lo stesso che permetteva di entrare in un cinema autenticamente in 3D. Non siamo nello spazio. C’è anche un mondo brutale. La scena del pestaggio. Quasi un flash in cui Mark, nella scena in tribunale, rivede l’aggressore. Contorno rosso. Improvvisi risvegli. Come un rumore troppo alto. Quelli che sente Mark. Che si amplificano nella sua testa. Un tono di voce, un passo. E quel giardino. Di simulazioni. Di principesse guerriere. In un mondo che, come spesso avviene nel cinema di Zemeckis, sembra veramente libero. Da tutto. Da ogni chiusura mentale (Benvenuti a Marwen potrebbe leggersi anche come un film sull’uguaglianza di gender), che condanna ogni forma di intolleranza. Di qualsiasi tipo. Perché è vero, ognuno deve essere libero di vivere la propria vita come vuole. Senza doversene mai vergognare. Quello che ognuno di noi sente di voler fare conta molto di più di quello che gli altri si aspettano da noi. E Benvenuti a Marwen è ancora una volta un film profetico e rivoluzionario. Per entrarci davvero dentro, anche nella vita del villaggio durante la Seconda Guerra Mondiale, ci vogliono degli occhiali speciali. Noi speriamo di aver preso quelli giusti. E di averci visto bene.

 

Titolo originale: Welcome to Marwen
Regia: Robert Zemeckis
Interpreti: Steve Carell, Leslie Mann, Eiza González, Diane Kruger, Gwendoline Christie, Siobhan Williams
Distribuzione: Universal Pictures
Durata: 116′
Origine: USA, 2018

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.6

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
2.25 (4 voti)
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